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Dalla ripartenza al Mes, è l’ora della fiducia. Parla il sottosegretario Baretta (Pd)

Guai a sottovalutare i tamponi. Essenziali nella lotta al coronavirus, armi preziose nell’economia. Ad avercene di decreti-tampone, come qualcuno ha chiamato i recenti provvedimenti del governo per imprese, famiglie e lavoratori, dice a Formiche.net il sottosegretario dem al Tesoro, Pier Paolo Baretta. Armi che di primo acchitto sembrano spuntate, nella realtà non lo sono.

Baretta, in molti hanno definito il decreto Rilancio come un gran bel tampone, privo però della dovuta visione. La verità, era il massimo che il governo potesse fare?

Potremmo parafrasare quanto è emerso nella gestione sanitaria: il tampone ha un’indubbia efficacia nel contrastare il rischio di una diffusione di massa dell’epidemia. Così è in economia: se non tamponi le falle che la crisi ha aperto, se non argini l’emorragia, se non abbassi la febbre, il paziente si aggrava e muore. Ecco, il primo problema è arrivare vivi all’appuntamento della ripartenza che sarà comunque difficile.

Diciamo allora che siamo ancora vivi… Poi?

Ottanta miliardi in due mesi (tra decreto Cura Italia, 25 miliardi e Rilancio, 55, ndr) sono una cifra impressionante. Ne risentono i dati macroeconomici: un indebitamento che passa dal 2,2 al 10,4%, il debito schizza dal 132 a oltre il 160%, il Pil è a -9%. Questa è la fotografia economica del Paese dopo due mesi di pandemia. Eppure il decreto non è solo tampone. La rivalutazione del patrimonio di impresa, il 110% per l’efficientamento energetico delle abitazioni, il fondo per il rilancio del turismo sono alcuni esempi di provvedimenti che già si innestano nella necessità di rilancio della nostra economia.

Il taglio dell’Irap per il 2020 è sicuramente un primo vero passo verso una riforma fiscale più volte pensata e invocata, ma mai davvero attuata. Però, vista l’emergenza, forse era meglio non fermarsi qui…

Il taglio dell’Irap è stato quasi prepotentemente richiesto da Confindustria e da altre categorie produttive. È la dimostrazione di quanto fosse prevalente la richiesta di sostegno…
In verità, come si ricorderà, in occasione della legge di bilancio, avevamo previsto l’avvio della riforma fiscale per il mese di aprile. Poi è successo quel che è successo e siamo stati travolti. Ma riprenderemo il tema al più presto, perché a maggior ragione dopo questa vicenda si sente l’urgenza di riforme.

Meno male…

Non è tutto, ci siamo portati avanti perché abbiamo colto l’occasione che ci veniva prospettata dalla necessità di una manovra di grandi numeri, per togliere di mezzo definitivamente le clausole di salvaguardia. In questo modo, già sappiamo, che a gennaio non scatterà l’aumento dell’Iva.

Baretta, domani ci sarà la prova delle riaperture. C’è un’Italia impaurita ma anche vogliosa di ripartire, per non soccombere. Che cosa vi aspettate?

Se prevale lo spirito con il quale gli italiani hanno affrontato il primo mese di restrizione in casa, ovvero spirito di corpo, solidarietà, pazienza e determinazione e, perché no, una buona dose di ottimismo e volontà, mi aspetto un periodo difficile, in alcuni casi difficilissimo, ma di vera inversione di tendenza.

E se invece non accade tutto questo?

Se, al contrario, nelle difficoltà, che ripeto saranno notevoli, dovesse prevalente il corporativismo, l’assistenzialismo e le distorsioni burocratiche, allora sarei davvero preoccupato per il nostro futuro.

Parliamo di Europa. Il recovery fund sembra essere nell’aria, anche se è già slittato una volta. Per l’Italia, reduce dal dibattito sul Mes, è quello lo strumento che può garantire la ripresa?

Sì, lo è certamente! Ed è bene uscire da un equivoco che accompagna questa discussione. Noi tutti tendiamo a dire genericamente ‘l’Europa’ quando parliamo di risorse possibili o negate. La verità è che le istituzioni europee hanno un approccio avanzato. La Bce continua la linea Draghi e, quando la Corte tedesca prende le distanze, la presidente Von der Layen la difende e, addirittura, minaccia una procedura di infrazione contro la Germania. La Commissione ha superato il Patto di stabilità e definito il fondo per il sostegno della Cassa integrazione e sostiene il recovery fund parlando di una dotazione di oltre 1000 miliardi.

Il vento è cambiato, forse…

La verità è che non è l’Europa in quanto tale a crearci dei problemi, ma la dialettica tra gli Stati. Se avessimo più Europa comunitaria, avremmo una politica più rispondente alle nostre necessità. Il contrario di quanto sostiene Salvini. Vale anche per il Mes, che senza condizioni, può essere un utile strumento per alleggerire le spese sanitarie.



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