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Fca, sì alla garanzia pubblica (con molte riserve). Parla Garavaglia (Lega)

Prestito sì, prestito no. Il caso Fca continua a dividere la politica italiana. Le linee di divisione, però, non sono quelle di maggioranza e opposizione.

Se infatti gli alleati Pd e Iv si scontrano sulla richiesta di una linea di prestito per 6,3 miliardi di euro garantita dallo Stato italiano da parte di Fca, con il dem Andrea Orlando scettico e l’ex premier Matteo Renzi convinto che sia “sbagliato” evocare “poteri forti” e “interessi dei padroni”, la Lega di Matteo Salvini si attesta su un sostanziale sì alla linea di credito.

Ospite a “Un Giorno da Pecora” a Radio 1, il segretario ha detto: “Sicuramente preferisco Giorgio Armani che ha detto portiamo le sfilate da Parigi a Milano. Detto ciò, se ci sono decine migliaia di posti di lavori in ballo prima di dire no qualche pensierino ce lo farei”.

Per Massimo Garavaglia, deputato leghista ed ex viceministro dell’Economia, il polverone sulla sede fiscale di Fca non centra il cuore della questione.

“Certo, se si riportasse la sede fiscale in Italia sarebbe bello. La Fiat era italiana, poi è diventata americana, infine francese con la fusione con Peugeot. Ma non è questo il punto – dice a Formiche.net – Se di colpo dà tanto scandalo la sede fiscale all’estero, passiamo dalle parole ai fatti”.

“Mettiamo la flat tax al 15% che abbiamo sempre proposto, così finalmente tutte le aziende, non solo Fca, avranno convenienza a trasferire la sede fiscale in Italia – spiega l’ex numero due del Mef –. Non sono io a dirlo ma un ottimo intellettuale di sinistra come Luca Ricolfi. Se vogliamo ripartire adesso, dobbiamo abbassare le tasse, a tutti. A partire da quelle che pesano sulle attività produttive, che penalizzano le imprese che possono aumentare l’occupazione”.

Molto rumore per nulla, dunque. “Se vogliamo impedire che le ditte straniere in Italia non possano chiedere un prestito dobbiamo avviare una discussione ed eventualmente cambiare le leggi attuali”.

Il vero problema, conclude Garavaglia, è un altro. Perché l’Italia, tramite Sace, deve farsi carico del prestito e non il Paese dove ha sede l’azienda? Il problema non è nella legittimità della richiesta, ma nel merito. Non è un nodo banale da sbrogliare, soprattutto di fronte la Commissione Ue.

“La Fiat è una ditta privata, che chiede un prestito a una banca privata (Intesa San Paolo, ndr), e lo fa in base a una legge. Il tema da porsi è se è giusto che questi aiuti di Stato siano conteggiati in capo all’Italia, o se sia forse più giusto conteggiarli in capo all’Olanda, dove ha la sua sede”.

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