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Perché le polemiche su Fca non aiutano l’automotive e l’Italia. Parla Apetino (Cisl)

Sbagliato aprire il fuoco su Fca, le colpe sono altrove, se proprio vanno cercate. Se un gruppo industriale chiede un prestito garantito dallo Stato italiano per investire e aumentare la produttività in loco in un momento in cui l’automotive è in ginocchio, non c’è nulla di male. Certo, c’è la questione fiscale, ma quello è affare europeo, non certo colpa dell’ex Fiat. La pensano così i lavoratori della Fim-Cisl. Formiche.net ha sentito Raffaele Apetino, che nel sindacato dei metalmeccanici Cisl guidato da Marco Bentivogli, è responsabile per comparto automotive, uno dei più strategici dell’industria italiana.

Petino, ieri Conte ha detto che Fca è un’industria italiana, visto che il prestito lo chiederà Fca Italy. Per giunta per investire negli stabilimenti italiani. Lei che dice?

Dico che la decisione di chiedere un prestito è nelle disponibilità di un’azienda. Fca Italy non sarà l’unica a farlo e poi sono risorse che potrebbero servire ad aiutare i nostri stabilimenti. Però una precisazione la voglio fare. Va bene il prestito, ma se nel decreto Liquidità ci fosse stato almeno un euro per il settore automotive, che vale il 7% del Pil, sarebbe stato meglio. E invece, con tutto il rispetto abbiamo dato soldi per i monopattini. E poi, comunque, è sempre un prestito, mica è denaro gratis, Fca Italy dovrà rimborsarlo.

Mi permetta se insisto su Fca. Il premier ha fatto notare anche un’altra cosa. Non è colpa dell’azienda se l’Europa permette l’esistenza di paradisi fiscali… e Fca paga le tasse nel Regno Unito…

Ha ragione in linea di massima Conte. Non dobbiamo guardare la punta delle scarpe, ma alzare la testa. Tanto per cominciare Fca è in via di fusione con Psa, dunque prima o poi, dal 2021, Fca Italy non esisterà più. Detto questo, in Europa c’è un problema, ci sono tante grandi aziende, come Luxottica, ma anche tante altre, che hanno sedi legali e fiscali altrove. Ma il problema è di competenza europea, prendersela solo con Fca non ha senso. Bisogna stabilire regole certe e contro il dumping fiscale, ma questo non è in capo a una singola azienda ma è una scelta che spetta all’Europa, le colpe delle aziende ci sono fino a un certo punto.

Però, scusi, l’Italia ci rimette. Le aziende che delocalizzano i domicili fiscali non versano le tasse al nostro Erario…

Certo che ci rimettiamo. Ma, guardiamo oltre per favore. Una volta constatata l’esistenza di sistemi fiscali a due velocità, vogliamo dirlo gentilmente all’Europa, che ne ha competenza, di fare qualcosa? Se noi ci fermiamo alla singola azienda non ne usciamo più, allarghiamo lo sguardo. E poi vorrei fare un’altra precisazione.

Prego…

Vorrei far notare che il grosso dei lavoratori Fca in Europa è ancora in Italia. E allora, al netto della questione fiscale, dobbiamo pensare in grande, a tutelare gli stabilimenti italiani. E se questo prestito serve…

Apetino, l’automotive vive la sua notte più buia. Azzardiamo una previsione?

Veniamo da venti mesi di segno negativo. Ci siamo drammaticamente fermati con l’epidemia, ad aprile abbiam immatricolato, solo in Italia 4mila auto, contro le 171mila dell’anno prima, stesso mese. In più andiamo verso la transizione energetica. Dobbiamo proteggere questo settore, che vale un bel pezzo di Pil.

Qualche consiglio?

Erogare soldi e aiuti, come hanno fatto in Francia. L’automotive ha oltre 200mila addetti, serve un’attenzione diversa, Parigi verso il suo comparto auto ha fatto molto di più, sia al sostegno di Psa sia delle altre case. Noi, se permette, abbiamo fatto poco o nulla.



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