Adesso che finalmente la Fase due è a pieno regime (entro la fine del mese tutte le attività saranno ripartite), gli scenari fin qui ipotizzati per il rilancio dell’economia iniziano a confrontarsi con i problemi concreti che questa pandemia da coronavirus ha drammaticamente evidenziato. Il decreto Rilancio del governo è operativo e tutti aspettano che dia i frutti sperati. Particolarmente attivi in questi giorni gli interventi che propongono strumenti e soluzioni indirizzati ad uno sviluppo sostenibile attraverso un forte impulso delle attività legate all’economia circolare. (Proprio in questi giorni il Parlamento sta esaminando il pacchetto di direttive sull’Economia Circolare che dovranno essere recepite nel nostro ordinamento entro i primi di luglio).
Sarebbero oltre 1 milione e 600mila i posti di lavoro legati all’economia circolare, secondo uno studio pre-Covid di Unioncamere. La stessa organizzazione ha anche previsto una riduzione di 422mila unità lavorative in meno per effetto della pandemia: 190mila lavoratori indipendenti; 232mila dipendenti privati. Per stimare le possibilità future di lavoro “green” in Italia, Legambiente e Green Factor hanno condotto, nell’ambito del progetto ECCO (Economie Circolari di Comunità) un’analisi su 55 figure professionali e sottoposto un questionario ad un gruppo selezionato di attori dell’economia circolare per testare il grado di fiducia in una possibile ripresa basata su uno sviluppo sostenibile.
“Le competenze verdi, sottolinea l’indagine, si confermano abilità con un altissimo potenziale occupazionale e non solo per addetti ai lavori: tra le professioni chiamate ad affinare le abilità green, cuochi, gestori di bed and breakfast e agriturismi, addetti alla sorveglianza di adulti e bambini, ma anche falegnami, fabbri, estetisti e webmaster. Tutte figure che mostrano un elevato ‘Indice Green’, percentuale che misura il potenziale di risparmio energetico e sostenibilità ambientale della singola professione”.
Nonostante l’indagine sia stata svolta nel periodo del lockdown (e quindi con evidenti limitazioni nello svolgimento delle professioni e con la stragrande m,maggioranza delle piccole imprese ferme) è emerso come la crisi sanitaria “sia percepita come un problema per il 42% dei casi, ma allo stesso tempo rappresenti l’occasione un nuovo paradigma occupazionale più sostenibile nel 61% dei casi. Solo il 9% ritiene l’epidemia ininfluente e pensa che le cose torneranno come erano prima”. Tra gli interventi più attesi “la diminuzione della pressione fiscale da parte dello Stato per chi opera nell’economia circolare e il perfezionamento del sistema di leggi e regolamenti nazionali e locali”. La crisi sanitaria, dicono gli intervistati, impatta sulle attività green meno dei vincoli imposti dalla burocrazia e “della scarsa attenzione che le istituzioni deporrebbero in essa in ambito locale”.
Ben più rosee le prospettive evidenziate dalla ricerca a 1, 5 e 10 anni dall’epidemia per quel che riguarda i posti di lavoro nell’economia circolare. I soggetti intervistati ritengono che “i lavori green cresceranno nel prossimo anno dell’8% e del 26,4% nei prossimi cinque anni”. Molto atteso il ruolo delle istituzioni europee, che, occorre ricordarlo, hanno varato, alla fine dello scorso anno, un ambizioso Green Deal che prevede una radicale trasformazione industriale, economica e ambientale, i cui costi si aggirano intorno ai 260 miliardi di euro l’anno per il raggiungimento della “neutralità ambientale” entro il 2050. La fiducia verso una visione europea più amica dell’ambiente tende a radicarsi nella prospettiva di più lungo periodo. La stima dell’aumento dell’occupazione green, infatti, arriva al 34,5% nei prossimi 10 anni, grazie alla fiducia negli investimenti e nelle politiche europee.
Proprio nei giorni scorsi Legambiente ha presentato un pacchetto di 33 proposte per rilanciare l’Italia in chiave green. Tre i campi di intervento: semplificazione delle procedure per l’installazione di impianti da fonti rinnovabili, la riqualificazione del patrimonio edilizio, la predisposizione di reti a banda larga e per la ricarica di auto elettriche; interventi di rilancio dell’economia che indirizzino fondi già stanziati da politiche nazionali e le risorse del Green Deal europeo; lo sblocco di risorse e di provvedimenti ministeriali in stallo, che vanno dalla mobilità alle piste ciclabili,la realizzazione delle foreste urbane, la valorizzazione dei piccoli comuni.