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Guo Wengui, chi è l’imprenditore-attivista perseguitato da bot russi e cinesi

Fino a sei anni fa  era uno degli ottanta uomini più ricchi in Cina. Oggi vive a Manhattan, New York, ed è considerato un nemico dal Partito comunista cinese (Pcc). Guo Wengui, 47 anni, originario di Shandong, è il segno visibile che la Città Proibita non dimentica, e tantomeno perdona.

Un tempo uno dei più grandi imprenditori immobiliari cinesi, con entrature e contatti ai più alti livelli della macchina politica di Pechino, è caduto in disgrazia fra il 2014 e il 2015 a seguito di una campagna anti-corruzione ordinata dal presidente e segretario Xi Jinping che ha visto cadere anche nomi di spicco del partito come l’ex vicedirettore del Chinese National Security Bureau Ma Jian, o Zhang Yue, già segretario per gli Affari politici e legali dell’Hebei.

Rifugiatosi negli Usa, in un comodo e sfarzoso appartamento con vista su Central Park, Wengui ha aperto nel 2017 un profilo twitter per criticare la linea del Pcc e ha iniziato a concedere interviste ai principali media occidentali. Da quel momento non ha avuto più pace, ed è finito nel mirino di schiere di hacker cinesi.

L’ultima offensiva è stata rivelata pochi giorni fa da Bellingcat, il celebre e blasonato team internazionale di giornalisti investigativi. Una campagna di bot, account automatizzati creati per rilanciare e amplificare la propaganda, andata in onda su Twitter con un unico obiettivo: gettare discredito su Wengui, chiamarlo “traditore” dei “compagni”, accusarlo di ogni crimine immaginabile.

Un’operazione che, scrive Benjamin Strick, firma di Bellingcat in forze alla Bbc, si è avvalsa non solo di account cinesi, ma anche di account russi. Un trend che, a prescindere dall’effettiva regia dietro i bot, dimostra una convergenza di interessi fra propaganda russa e cinese che proprio nei giorni scorsi è stata denunciata dal Dipartimento di Stato Usa con riferimento al caso italiano.

Ad accendere la miccia della nuova ondata di disinformazione contro l’imprenditore cinese, una serie di critiche rivolte da Wengui al Pcc per la gestione poco trasparente della pandemia da Covid-19.

Dal 25 aprile al 3 maggio, svela l’analisi su due hashtag, #guowengui e #milesguo, e 2504 account, si è registrata una “significativa campagna di disinformazione governativa che ha avuto origine nella Repubblica popolare cinese”.

Così è stato messo in piedi un network che “opera in modo strutturato per assicurarsi che account nuovi di zecca con zero followers e zero account seguiti siano in grado di postare un tweet e vederlo amplificato con una media fra i 200 e i 1000 like e retweet”. Un esempio citato dal team: l’account “mutorcsmitak”. Quattro follower, dieci persone seguite: non esattamente un bottino da influencer. Eppure un suo tweet che insulta Wengui e il suo business ha raccolto in poche ore 501 like e 51 retweet, una cifra”innaturalmente alta per un account del genere”.

Non sono dettagli. L’eco chamber che può creare un bot come questo è enorme, come già spiegato su Formiche.net denunciando una campagna di bot filo-cinesi in Italia su Twitter lo scorso marzo. Dal 27 al 30 aprile, in soli quattro giorni, si sono aggiunti al network di propaganda contro l’imprenditore ben 409 account creati ad hoc.

Ma la parte più interessante dell’inchiesta di Bellingcat è la scoperta di una convergenza fra account filo russi e filo cinesi. La stessa valanga di bot che si è riversata con insulti e minacce contro Wengui è infatti risultata attiva in altri periodi, e su altre tematiche.

Molti degli account hanno rilanciato nei mesi scorsi propaganda contro gli attivisti di Hong Kong. Altri invece hanno il nome scritto in cirillico, e rilanciano tanto la narrazione russa quanto quella cinese, amplificando alcuni dei cavalli di battaglia bipartisan, dal Covid-19 originato negli Usa ad altre teorie complottiste su esperimenti nascosti ideati da governi occidentali.

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