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Haftar e i russi. Ecco gli errori capitali dell’Italia sulla Libia

Nella serata di giovedì, alcuni colpi di mortaio sono caduti a poca distanza dall’ambasciata italiana e turca nel distretto Zawit Dahamani di Tripoli. Sono state colpite aree vicino alle residenze diplomatiche, e cinque civili sono rimasti uccisi (decine i feriti). “Questi attacchi indiscriminati sono totalmente inaccettabili e denotano disprezzo per le norme del diritto internazionale e per la vita umana”, ha dichiarato la Farnesina in una nota.

La condanna di Roma parla di azioni indiscriminate, e l’attacco in parte lo è stato colpendo i civili, ma — come fanno notare fonti libiche — forse quei razzi “erano diretti verso le due ambasciate”. Il raid di artiglieria è stato con assoluta probabilità condotto dalla milizia del signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftar, che considera sia l’Italia tanto quanto la Turchia ostili.

A dispetto della linea dialogante che Roma ha sempre cercato di portare avanti, più che altro per evitare di scegliere con nettezza un lato, Haftar non sembra interessato a colloqui politici — come ha dimostrato il tentato golpe contro la rappresentanza politica della Cirenaica, guidata dal capo del parlamento HoR, Agila Saleh (il presidente dell’organo riconosciuto dall’Onu, ieri ha avuto una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, qualche ora prima che i razzi finissero nell’area della residenza dell’ambasciatore italiano Giuseppe Buccino).

Tantomeno Haftar è interessato a Roma come partner — come faceva notare anche ieri Ahmed Maiteeg, il vice premier libico intervistato da Repubblica. Il miliziano della Libia orientale ha diversi sponsor internazionali, con in testa Egitto ed Emirati Arabi — che hanno sostenuto le sue ambizioni sul paese inquadrandolo come un attore in grado di sostenere i propri interessi. Poi c’è la Russia. Il sostegno che Haftar riceve da Mosca è stato recentemente messo sotto i riflettori da un’indagine delle Nazioni Unite: gli esperti dell’Onu hanno messo nero su bianco ciò che il Cremlino nega da mesi.

In Libia ci sono mercenari russi della compagna privata militare Wagner (unità particolari spesso usate dalla Russia e fedeli al presidente Vladimir Putin). Addestrano le forze haftariane, che sono poche e deboli e avrebbero avuto rinforzi (tramite finanziamenti emiratini) con l’arrivo al fronte di mercenari di altri paesi africani. In alcune fasi, hanno anche preso parte alle battaglie in prima linea: chi segue il conflitto ricorderà che mesi fa c’era stato un rapido scatto nella lenta avanzata lanciata su Tripoli il 4 aprile 2019: era probabilmente legato a un aumento di qualità delle forze di Haftar. Dal campo, le fonti confermavano che c’erano cecchini molto abili che aprivano la strada alle truppe. Quei cecchini erano con ogni probabilità russi — gli uomini della Wagner sono in gran parte ex forze speciali, molto ben armate: caratteristiche che nel teatro libico fanno la differenza.

Secondo l’Onu, la Russia ha inviato in Libia anche miliziani assadisti siriani. Il Cremlino nega anche questo, ma le intelligence occidentali da diverso tempo ne fanno discretamente conto. E ieri il delegato speciale per la Siria del dipartimento di Stato americano, Jim Jeffrey, ne ha parlato  chiaramente: “Sappiamo con certezza che i russi stanno lavorando con Assad per trasferire combattenti della sua milizia in paesi terzi, forse siriani in Libia, nonché attrezzature”. E sempre dal dipartimento di Stato, Henry Wooster, vice assistente al Bureau of Near Eastern Affairs, ha aggiunto: “Gli Stati Uniti non supportano l’azione militare dell’Lna (la milizia haftariana, ndr) contro Tripoli […] l’attacco alla capitale devia le risorse da quella che è una priorità per noi, l’antiterrorismo”. Aspetto anche questo sottolineato da Maiteeg, che ha sottolineato come le azioni di Haftar stiamo aumentando l’entropia in Libia, creando spazio per i gruppi jihadisti (non a caso, lo Stato islamico, sconfitto nel 2016 dalle forze di Misurata che adesso combattono Haftar, è tornato a farsi vivo con azioni propagandistiche lo scorso anno, nelle prime fasi dell’avanzata del capo miliziano della Cirenaica).

La Russia, come sottolineato dagli esperti dell’Onu, è un acceleratore ulteriore di quell’entropia, dando ad Haftar ossigeno per le sue ambizioni. Tutt’altro che un attore interessato a condividere con altri paesi europei, come l’Italia, la via della stabilizzazione.

La campagna su Tripoli è in grosse difficoltà. Haftar sta perdendo i due punti logistici di attacco, Tarhouna e la base di al Watiya, e ha già perso molto territorio nelle ultime settimane. È in netta difficoltà, la mossa del golpe ne è una prova, e sta cercando di spingere al massimo la propaganda. Mercoledì ha per esempio cercato di intestarsi il merito di un bombardamento a Misurata, ma quel raid pare non esserci mai stato — le esplosioni dovute a un incidente, hanno confermato varie fonti diverse a Formiche.net e poi ad altri media. Nell’aeroporto tra l’altro è ospitato un ospedale militare italiano che assiste i civili libici, ma Haftar non ha avuto remore in passato ad attaccare l’area e questa volta a cercare di cavalcare l’incidente (anche come forma di narrazione contro l’Italia).

Quel bombardamento sarebbe stato interessante perché avrebbe potuto significare che il miliziano dell’Est aveva ripreso in qualche modo il controllo dei cieli, perso da quando la Turchia ha incrementato la sua assistenza alle forze a Tripoli che proteggono il governo onusiano. Qui si torna al punto di partenza: da mesi, persa l’efficacia nei cieli per via dei sistemi anti-aerei turchi, Haftar sta martellando Tripoli con l’artiglieria — come quella che ha colpito gli edifici vicino all’ambasciata italiana. Ma questo genere di attacchi sono molto meno precisi e hanno prodotto un incremento del numero dei morti tra i civili. Giovedì, Airwars, organizzazione che si occupa di monitorare le vittime innocenti in Siria, Libia e altri conflitti, ha diffuso i risultati di un’analisi che dimostra come il numero delle vittime civili sia aumentato drasticamente nel mese sia aprile, è come la stragrande maggioranza di quei morti sia colpa di Haftar.

Nei giorni scorsi risultati identici erano usciti da uno studio dell’Onu. Haftar è responsabile dell’81 per cento delle vittime civili prodotte nei primi mesi del 2020 secondo i dati della missione Unsmil.

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Oggi sul Corriere della Sera il premier libico, Fayez Serraj, ha ribadito che ormai schemi quelli come la conferenza di Palermo o di Berlino non sono  più riproducibili, perché con Haftar è impossibile trattare.

 

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