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Le imprese green per il rilancio dell’economia post Covid-19

Uscire dalla pandemia per un nuovo green deal per l’Italia è il titolo del Manifesto promosso da ben 110 esponenti di primo piano di importanti imprese e organizzazioni rappresentative di rilevanti settori economici. L’obiettivo è uno “sviluppo durevole, in grado di assicurare maggiore occupazione, un benessere più esteso ed equamente distribuito, che può essere basato solo su un’economia de carbonizzata e circolare”.

Acea, Enel, Terna, Poste Italiane, Hera, Conai, Novamont, Ecomondo, Utilitalia, Ance, Federchimica, Fise Assoambiente, Kyoto Club, Coldiretti, Unicircular, Lega Coop, Susdef, tanto per citarne solo alcune, hanno sottoscritto un manifesto che sollecita i decisori pubblici, nazionali ed europei, a fare scelte politiche ed economiche in linea con il Recovery plan europeo, l’ambizioso progetto per un’economia avanzata e circolare.

Sono ben note, d’altronde, le grandi potenzialità d sviluppo della green economy nel nostro Paese. Secondo un recente studio pubblicato dalla Oxford Martin School, l’Italia si trova, prima della pandemia, in cima alla classifica mondiale delle “green growth tigers” (le tigri della crescita economica green, dietro alla sola Germania, ma davanti agli Stati Uniti, Austria, Danimarca e Cina.

Siamo quindi uno dei Paesi che trarrebbe maggiore vantaggio, sia in termini di crescita che di competitività, dall’implementazione di un Green deal per l’uscita dall’attuale crisi economica.
“Rifinanziare l’esistente per ritornare alle condizioni economiche precedenti alla pandemia – ha commentato Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile – sarebbe doppiamente sbagliato: si rifinanzierebbero anche attività che andavano cambiate, innovate o convertite e non si impegnerebbero risorse sufficienti per i cambiamenti verso l’economia del futuro che non può che essere green, de carbonizzata e circolare”.

Il rischio è quello di cadere, nel giro di qualche anno, “dalla padella della pandemia alla brace della crisi climatica”. Ed è proprio di questi giorni uno studio della Oxford University che analizza le misure messe in campo dai Paesi del G20 nel mese di aprile. Ebbene su una spesa complessiva stimata di oltre 7 mila miliardi di dollari, appena il 4% è stata classificata come “green”, mentre il restante 96% non avrà impatti positivi sul clima, ma addirittura potrà peggiorare il trend attuale.

Uno studio condotto nel 2019 dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile (Susdef), in collaborazione con l’istituto di ricerche economiche Cles, ha misurato l’impatto che avrebbe entro cinque anni la promozione di interventi green in cinque settori chiave: efficienza energetica, fonti rinnovabili, economia circolare, rigenerazione urbana e mobilità sostenibile. Ebbene, le misure indicate nella ricerca avrebbero portato, in pochi anni, “190 miliardi di euro di nuovi investimenti green e 800 mila nuovi posti di lavoro”.

“Siamo convinti che un nuovo Green deal”, si legge nel Manifesto, “sia la via da seguire per una più forte e duratura ripresa, perché valorizza le migliori potenzialità dell’Italia”: quelle legate alle produzioni di qualità sempre più green; quelle in cui ha raggiunto livelli di eccellenza, come il riciclo dei rifiuti, pilastro dell’economia circolare, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili di energia per un’economia climaticamente neutrale; quelle dell’agricoltura sostenibile e delle altre attività della bioeconomia rigenerativa; quelle delle città da rilanciare con un programma di rigenerazione urbana in chiave green; quelle del capitale naturale per il rilancio di attività economiche come il turismo; quelle della mobilità a basse emissioni, elettrica e condivisa; quelle dell’innovazione digitale per migliorare il lavoro e lo studio.

Sulla stessa direttrice di marcia si muovono le indicazioni contenute nel Rapporto dell’Asvis (Alleanza per lo Sviluppo sostenibile) realizzato con il contributo di oltre 600 esperti e presentato nei giorni scorsi: un contributo “alla progettazione delle politiche nazionali, regionali e locali in un’ottica di sviluppo sostenibile, coerente con gli orientamenti europei, anche in vista dell’impiego delle ingenti risorse che verranno messe a disposizione dall’Unione europea”.

“Una crisi dagli effetti così violenti – ha sottolineato Enrico Giovannini, Portavoce di Asvis – deve portare a un ripensamento profondo del modello di sviluppo e a un cambiamento di molte politiche rispetto al periodo pre-Covid-19. Le ingenti risorse impegnate dal governo e dall’Europa vanno orientate ad un cambio di paradigma produttivo, caratterizzato da maggiore sicurezza dei lavoratori, innovazione e capacità di cogliere le opportunità offerte dalla Green economy. Nonostante la crisi, gli italiani ritengono sempre più urgente perseguire gli Obiettivi di siluppo sostenibile e chiedono misure di contrasto ai cambiamenti climatici, considerati una minaccia al pari del Covid-19”.

Queste alcune azioni che il rapporto evidenzia per aiutare il Paese a “rimbalzare avanti” verso uno sviluppo più sostenibile: semplificazione delle procedure amministrative, ruolo dello Stato per la salvaguardia dei beni comuni e la promozione del benessere di tutti, accelerazione della transizione digitale come driver per lo sviluppo sostenibile, centralità del capitale naturale, base della nostra salute e del nostro benessere, rafforzamento dell’offerta culturale su tutto il territorio nazionale, utilizzo dei fondi di coesione europei e nazionali, ancora non impegnati dallo Stato e dalle Regioni, per progetti da realizzare nel Mezzogiorno.


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