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Gianni Letta, le risoluzioni audaci di Cavour e il disagio degli italiani

Gianni Letta è sempre stato una personalità anomala negli assetti istituzionali italiani. Anche quando rivestiva cruciali incarichi di governo si è sempre rifiutato di scendere nell’agone politico e si è sempre guardato bene di contribuire al dichiarazionismo o al cicaleccio politico, privilegiando il riserbo e il silenzio operoso ai comunicati stampa.

Si è sempre considerato infatti un uomo al servizio delle istituzioni che opera nell’interesse del Paese. Suona quindi come un segnale di allarme se una volta tanto ha deciso di uscire allo scoperto con le chiare ed esplicite valutazioni politiche svolte al seminario della Luiss di Sabato 23 Maggio e riportate da Formiche.net. “La politica manca di idee, quelle che servono per uscire da una situazione drammatica. I decreti di emergenza mancano di un disegno, di una visione. Non c’è un piano di lungo periodo, una strategia… La politica frammentata com’è non è capace di concepire un piano, di avere il coraggio di una visione”, al contrario di come avvenne invece negli anni della ricostruzione post bellica.

Credo di poter dire che, se Gianni Letta ha ritenuto di lanciare questo messaggio è perché è abituato a osservare e a pensare, oltre che agli aspetti degli equilibri politici, all’interesse generale del Paese, al clima, ai bisogni, alle aspettative, al malessere diffuso tra i cittadini. Perché l’assenza da parte del governo e delle forze politiche tutte di una visione, di un progetto per il Paese, questo sostanziale affrontare l’emergenza con una nave di medio cabotaggio carica di merci a volte male organizzate, senza apprestare invece una flotta con una precisa direzione di marcia, non offre ai cittadini una prospettiva, non apre spiragli per il futuro e finisce per alimentare il disagio e forme di protesta sociale. Sostanzialmente rimaniamo immersi in quel presentismo che insieme al populismo e al dilettantismo compone il quadro delle principali patologie della politica di questi anni infausti.

Infatti nello stesso giorno, sabato 23 Maggio il Corriere della sera ha pubblicato un sondaggio di Nando Pagnoncelli da cui emerge un sentiment degli italiani diverso da quello che era sembrato emergere nella prima fase del lockdown in cui i cittadini sembravano essersi riconosciuti non solo in un adeguarsi diffuso alle regole, ma anche in una rinnovata forma di “comune sentire” e in una maggiore coesione nazionale rispetto alle fasi precedenti all’emergenza Covid-19.

Il quesito principale del sondaggio è: “Lei ritiene che nei prossimi mesi il senso di coesione resterà più forte nel Paese, rispetto a prima dell’emergenza, aiutando l’Italia ad uscire con più forza anche dalla crisi innescata dalla pandemia?”. Solo il 22% degli intervistati risponde sì. Mentre il 63% ritiene che tutto tornerà come prima dell’emergenza ed i sentimenti di rabbia e divisione ostacoleranno e rallenteranno l’uscita dell’Italia dalla crisi economica. Il 15% invece non risponde. Ciò che colpisce è che per entrambe le risposte non ci sono grandi differenze nelle percentuali fra gli elettori dei vari partiti. L’altro dato del sondaggio che vale la pena evidenziare è quello secondo cui per il 44% la pandemia ha risvegliato il civismo degli italiani, mentre per il 42% si è enfatizzato eccessivamente questo aspetto.

Posso supporre che anche Gianni Letta, che avesse letto o no il sondaggio, avesse presente questi aspetti che si vanno diffondendosi nel Paese. D’altronde, fra i crediti bancari del decreto liquidità intagliati, i soldi delle casse integrazioni in deroga o qualche bonus che ancora non arrivano nelle tasche di molti, fra un 30% di esercizi commerciali che non è stato in grado di riaprire, fra coloro che non sanno quale sarà il loro destino quando finirà il blocco dei licenziamenti, fra la nuova povertà che aumenta è chiaro che sale la tensione sociale e lo scontento. Ma soprattutto un governo e una politica che non offre prospettive, visioni, progetti e naviga fra contrattazioni continue, mediazioni, equilibrismi, conflitti artificiosi, non sono certo l’alimento migliore per una nuova coesione e un nuovo senso delle istituzioni tra i cittadini. Quanta nostalgia di Cavour che negli Scritti Politici scriveva che “la grande politica è quella delle risoluzioni audaci”.

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