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Perché Del Vecchio vuole salire in Mediobanca. Lo spiega Paolo Madron

“È come se a Leonardo Del Vecchio – che è sempre rimasto seduto compostamente a tavola – a un certo punto non sia più bastato di partecipare al dibattito: in pratica ha deciso che deve essere lui a fare il menù e a organizzare le portate”. In questa intervista con Formiche.net Paolo Madron ha scelto una metafora per così dire culinaria per commentare la notizia di giornata: l’indiscrezione – pubblicata da Repubblica con due articoli a firma di Sara Bennewitz e Giovanni Pons (qui e qui gli approfondimenti del quotidiano diretto da Maurizio Molinari) – secondo cui l’imprenditore, patron di Luxottica, avrebbe chiesto l’autorizzazione a salire al 20% di Mediobanca con una richiesta presentata alla Banca centrale europea, venerdì sera, attraverso Bankitalia. Una mossa – ha sottolineato il giornalista ed ex direttore di Lettera 43 – che potrebbe preludere a ulteriori novità, in primis in Generali, il colosso assicurativo italiano di cui Mediobanca detiene circa il 13%: “Se l’operazione dovesse concretizzarsi, Del Vecchio si piazzerebbe allo snodo dei vari crocevia che la banca fondata da Enrico Cuccia controlla. Il primo dei quali conduce dritto a Trieste”.

Quali scenari si aprirebbero?

Sarebbe la prima volta di un socio privato a una percentuale così alta del capitale di Mediobanca. Il preannuncio di una battaglia o, comunque, di una ridefinizione degli assetti del capitalismo che si sviluppano lungo la direttrice Milano-Trieste o, se vogliamo rimanere nel capoluogo lombardo, nel quadrilatero della finanza che comprende piazza Cordusio, piazzetta Cuccia e piazza della Scala.

Perché Del Vecchio, a suo avviso, si sarebbe risolto per questa operazione? 

Perché Mediobanca è una banca d’affari con una grandissima tradizione, advisor di alcune delle principali operazioni della storia del capitalismo italiano. E poi, soprattutto, chi controlla Mediobanca controlla pure Generali, che è il più importante gruppo finanziario italiano così come Fca è il più importante gruppo industriale. Penso che una modifica degli equilibri nel capitale di Mediobanca possa riflettersi sugli assetti in Generali.

D’altro canto la liquidità non gli manca considerato, che secondo Forbes, è l’uomo più ricco d’Italia. Non è così?

Sicuramente, e poi in un certo senso è come se dovesse rifarsi dopo la partita dello Ieo, l’Istituto europeo di oncologia, da sempre un luogo in cui i soci si sono in qualche modo scontrati. Un istituto voluto fortemente da Enrico Cuccia rimasto ininterrottamente sotto l’egida di Mediobanca. Quest’ultima, segnalo, si muove ormai spesso in tandem con Intesa San Paolo, come è avvenuto pure nel caso dell’Opa lanciata su Ubi Banca.

In che modo questa circostanza sarebbe legata alla decisione di Del Vecchio su Mediobanca?

Mi limito a sottolineare un paio di elementi: la richiesta alla Banca centrale da parte di Del Vecchio sarebbe stata presentata venerdì sera, pochi giorno dopo il primo round dell’arbitrato tra Rcs di Urbano Cairo e gli americani di Blackstone su via Solferino. E poi sia Rcs che Del Vecchio sono assistiti dall’avvocato Sergio Erede. Non mi sorprenderei che, anche grazie a questo trait d’union, Cairo e il patron di Luxottica si stiano preparando a rispondere all’asse dominante rappresentato da Mediobanca e Intesa San Paolo.

Cosa c’entrano Rcs e il Corriere della Sera?

Guardi, per il cosiddetto salotto buono della finanza italiana le partite che contano sono quelle che coinvolgono Generali e i quotidiani. E poi, di solito, queste battaglie hanno sempre riflessi sui giornali, nella fattispecie penso, eventualmente, al Corriere della Sera. Se scontro di potere sarà, non si fermerà alle porte di piazzetta Cuccia ma presumo che investirà una serie ulteriore di soggetti.

Come immagina sia stata accolta la decisione di Del Vecchio in Mediobanca?

Credo non bene: il management di Mediobanca è sempre stato molto fiero della sua indipendenza e della sua autonomia. E Alberto Nagel in questi anni è riuscito a preservarle: dopo Enrico Cuccia e Vincenzo Maranghi, sia il presidente di Mediobanca, Renato Pagliaro, che Nagel sono riusciti a gestire bene la situazione, anche di fronte a molti appetiti. Pure vicende molto complesse, come quella di Mediaset che ha coinvolto Silvio Berlusconi e Vincent Bolloré, entrambi azionisti di Mediobanca. Non sarà facile, ma immagino che abbiano studiato nel frattempo qualche contromossa.

Cosa potrebbe voler fare Del Vecchio?

Mediobanca ha sempre dato un rendimento sul capitale investito molto alto e, quindi, molta soddisfazione ai soci. Da quello che si finora capito, sembra che Del Vecchio la voglia rifocalizzare quasi esclusivamente sul mestiere di banca d’affari e non su quello di player di potere che controlla una serie di snodi. Tra i vari motivi per cui Del Vecchio vuole crescere in Mediobanca non ci sono i conti o l’insoddisfazione dei soci, che al contrario hanno sempre avuto un payout di tutto rispetto.

 Dal punto di vista politico come potrà essere accolta questa novità?

Immagino che politicamente si tratti di un socio benvenuto, visto che parliamo di un imprenditore italiano. Gli allarmi recenti ripetuti del Copasir – da cui è derivato il rafforzamento della Golden Power – puntano a ridurre il rischio che alcuni soggetti esteri possano acquisire primarie realtà italiane. E penso che il riferimento fosse soprattutto a Generali e Unicredit.

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