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Come passare dal sostegno alla liquidità al sostegno alla crescita

“Il concetto che lo Stato ha dell’economia può essere riassunto così: se si muove, tassatela; se continua a muoversi, regolamentatela; se smette di muoversi, sussidiatela”: così sentenziava uno spirito pratico e acuto come l’ex presidente Usa Ronald Reagan. E proprio al massiccio ricorso ai sussidi stiamo assistendo nella risposta del governo alla profonda recessione creata dalla crisi del coronavirus.

Una linea di azione denunciata in una plastica intervista al Corriere della Sera di lunedì 4 maggio dal presidente designato di Confindustria Carlo Bonomi. “La risposta del governo alla crisi si esaurisce in una distribuzione di danaro a pioggia… Si tratta di soldi presi a prestito. Ma quando i soldi saranno finiti senza nel frattempo aver fatto un solo investimento per la ripresa del sistema produttivo, allora la situazione sarà drammatica”: ha rilevato fra l’altro Bonomi, traendo la conclusione che “se questa è la rotta del governo l’approdo sarà l’esplosione di una vera e propria emergenza sociale già a settembre, ottobre”.

In effetti l’appello del presidente designato di Confindustria fa riflettere.

La politica economica in questa fase deve affrontare due questioni cruciali: la questione della liquidità e la questione della crescita. Quanto alla prima (i sussidi di Reagan), certamente necessaria per ristorare imprese, professionisti e varie categorie di lavoratori (e per sostenere la domanda), il decreto liquidità ha mostrato varie pecche nei congegni e nei meccanismi adottati e nella sua effettiva implementazione, tant’è che per buona parte le erogazioni da esso implicate non sono ancora avvenute ed ancora tarderanno mentre erano e sono più che mai urgenti per le stesse ragioni vitali dei beneficiari. Speriamo che il governo faccia tesoro degli errori e che con il decreto di maggio si provveda a forme, procedure e strumenti di erogazione di sussidi e di pagamenti più celeri. Sembra tra l’altro che si prevedano contributi a fondo perduto per le imprese più piccole, e questa è una cosa positiva, così come sarebbe da salutare positivamente l’inserimento di un eco bonus e sisma bonus superiore al 100% per sostenere l’edilizia.

Venendo alla crescita, mi sembra il caso di ricordare che secondo i dati riportati dal Def, il debito pubblico di quest’anno viaggerà verso il record del 155,7%, con un crollo della crescita del Pil dell’8% (del 9,1% secondo l’Fmi) con la previsione poi (tutta da verificare) di un rimbalzo a + 4,7 nel 2021. Quanto al tasso di disoccupazione, salirà all’11,6%: si presume però che questi recuperi e questo risultato non disastroso della disoccupazione possano avvenire se nel frattempo viene adeguatamente attivata, con politiche appropriate la leva della crescita. Il premier Giuseppe Conte ha parlato di un secondo decreto a maggio idoneo ad avviare tali politiche, di cui sin qui però nulla sappiamo. Il presidente designato di Confindustria ha rilevato che le prime tre misure che il governo dovrebbe adottare sono: lo sblocco di tutte le opere pubbliche già finanziate, l’immediata liquidazione dei debiti che lo stato deve alle imprese e il riavvio degli incentivi di industria 4.0.

Mi sembra un’agenda minima ma ragionevole, alla quale aggiungerei un ampio progetto di semplificazione normativa e burocratica, con l’introduzione di uno sportello unico su fisco e burocrazia e, grazie anche a questo sportello unico, e alla riduzione della pressione fiscale e burocratica, il varo di un progetto di attrazione degli investimenti produttivi sia di chi aveva delocalizzato sia di chi è sempre stato all’estero. Saper governare significa anche saper trarre pure da una grande crisi delle serie opportunità.

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