La decisione del sindaco di Brindisi di reiterare l’ordinanza di sospensione dell’attività produttiva nel sito della Versalis – al netto di ogni altra considerazione sulle specifiche modalità di svolgimento dei controlli svolti in esso dall’Arpa e dai Vigili del fuoco, sulla mancanza al momento di un rapporto conclusivo delle emissioni odorigene e sulla dubbia riconducibilità delle stesse allo stabilimento – rende del tutto evidente come a Palazzo di città si ignori, o almeno si sottovaluti, il ruolo dell’impianto brindisino. E allora, a beneficio dell’opinione pubblica locale, del Consiglio comunale e dei partiti che governano la città, sarà bene ricordare in dettaglio cosa rappresenti questa fabbrica che occupa una posizione centrale nel sistema produttivo dell’azienda a livello nazionale.
Essa infatti è sede di uno dei principali cracker italiani, fra i migliori in Europa per eccellenza tecnologica e per efficienza energetica, con una capacità annua di 490 mila tonnellate di etilene, pari a circa il 30% della produzione nazionale, che è integrato con le produzioni in loco di polietilene e di butadiene, destinato quest’ultimo ai cicli elastomeri di Ravenna. Ed è noto allora ai più questo collegamento strutturale con l’impianto romagnolo? All’interno del Petrolchimico il cracker è strategico perché fortemente integrato fornendo etilene e miscela C4 agli altri impianti della stessa Versalis e propilene via pipeline alla LyondellBasell coinsediata nella stessa area.
Nel Petrolchimico – ed è bene ricordare anche questo dato a chi afferma che non deve andare perduto un solo posto di lavoro – sono impiegati circa 860 addetti diretti, di cui 470 negli impianti Versalis, 300 fra Enipower, Eni Rewind, LyondellBasell e Chemgas, e 90 nel consorzio Bsg; inoltre, per la sola Versalis, l’indotto interno è di circa 300 persone in media al giorno. Ma bisogna poi chiedersi quanto indotto indiretto alimenti sul territorio cittadino e provinciale l’ingente massa salariale complessiva, corrisposta mensilmente a tutti coloro che lavorano all’interno della grande area chimica. Si considera attentamente tutto ciò, soprattutto in un momento come questo così grave per l’economia locale e nazionale?
E le movimentazioni portuali di tali attività si valutano bene? E si considera anche l’incidenza sull’export provinciale del Petrolchimico le cui produzioni nell’insieme delle loro sezioni merceologiche contribuiscono per circa il 50% % del totale? E i prelievi fiscali dello Stato sugli utili aziendali e le tasse versate a livello comunale da quel cluster di aziende sono forse ignorabili? Ma c’è di più da conoscere sulle trasformazioni a valle dei semilavorati di questo sito Versalis. La sua unità Polietilene, infatti, fra le principali del Sud Europa, produce due famiglie di intermedi (LLDPE, HDPE) che, con una capacità di 480 mila tonnellate all’anno, rappresenta il 40% dell’intera produzione di polietilene della società, impiegato in applicazioni di particolare rilevanza per l’imballaggio alimentare e industriale, l’agricoltura (drip irrigation) e il farmaceutico. In particolare l’LLDPE è la materia prima per imballaggi flessibili per alimenti e beni di prima necessità, e per la filiera italiana se ne riforniscono oltre 50 clienti per circa 125 mila tonnellate all’anno, mentre l’HDPE è utilizzato per imballaggi rigidi per prodotti liquidi e sono oltre 50 gli acquirenti nazionali che ne acquistano più di 25 mila tonnellate all’anno.
E si badi bene che sempre per il farmaceutico Versalis produce pharmalene, un polietilene omologato per ottemperare agli elevatissimi standard tecnici e di qualità richiesti per applicazioni pharma, come ad esempio siringhe, tubi respiratori, medical bags etc. Ogni anno la società fornisce al mercato 6.500 tonnellate e Brindisi con i suoi prodotti permette di sostenere in quest’ambito le filiere per la produzione di imballaggi farmaceutici/medicali come piccoli flaconi, bottiglie, tappi e sistemi di chiusura. Allora, tutte queste applicazioni sono di primaria importanza per il Paese, soprattutto in questa fase di pandemia da Covid-19 ed quindi fondamentale – se lo ricordino a Palazzo di città – assicurare la continuità delle produzioni e le usuali forniture alla filiera italiana.
Ora il Sindaco ha dichiarato di voler attirare l’attenzione del governo anche sulle problematiche ambientali e industriali della città, come accade da anni per Taranto, e avrebbe ricevuto pieno mandato dai partiti di maggioranza per aprire un confronto con l’esecutivo i cui ministri peraltro un incontro non lo negano a nessuno. Proposito apprezzabile e condivisibile, certo, solo che quando si avviassero incontri a quel tavolo – cui verrebbe invitata anche l’azienda e con essa probabilmente tutte le altre coinsediate nel suo sito – una rigorosa istruttoria tecnica preparata per quegli incontri non potrebbe che evidenziare i caratteri specifici delle competitive produzioni del Petrolchimico di Brindisi e il loro utilizzo da parte di clienti nazionali ed esteri, nonché la vigenza di un’Aia con i relativi adempimenti da parte della società ed ogni altro elemento da noi richiamato in precedenza.
Ed allora l’Amministrazione comunale, e chi eventualmente l’accompagnasse, cosa chiederebbe a fronte di un ricco dossier con il profilo strutturale dello stabilimento locale? La chimica verde, forse? E che vorrebbe dire in concreto chimica verde per quegli specifici impianti, per i processi produttivi che vi si svolgono, per la redditività che vi si consegue, per il numero degli occupati diretti e nell’indotto che vi lavorano e per la collocazione del sito brindisino sulla scacchiera chimica nazionale? E quanto costerebbe poi un’eventuale riconversione parziale o radicale delle tecnologie oggi impiegate a Brindisi, con il possibile abbandono delle pertinenze industriali e infrastrutturali oggi esistenti per questo stabilimento?
Se si fosse in grado di rispondere tecnicamente a queste domande, si avrebbe allora il dovere di farlo, preparando un dossier altrettanto argomentato che non sia solo un insieme di petizioni di principio di natura prevalentemente propagandistica che nulla avrebbero a che fare con la serietà e il necessario rigore di una tavolo ministeriale di confronto. A meno che chiedere la chimica verde non sia sinonimo di richiesta di pura e semplice dismissione tout court del Petrolchimico che verrebbe valutata dal Governo, dall’azienda e dalla stessa Eni che, a questo punto, se mai si affermasse l’ipotesi estrema della dismissione, potrebbe anche acquistare sui mercati esteri ciò di cui avrebbe bisogno, o acquisire impianti già in esercizio fuori dall’Italia, o andarne a costruire uno nuovo magari in Albania, o addirittura riconsiderare la vendita di tutta la Versalis, come già si era pensato di fare negli scorsi anni.
Per tali ragioni ancora una volta si consiglia all’Amministrazione comunale di evitare declamazioni di ambientalismo altisonante, che all’atto pratico ormai non impressionano più nessuno, e le si suggerisce di sedersi invece ad un tavolo di confronto con la Versalis che sia approfondito, tecnicamente qualificato, rigoroso nelle sue procedure di lavoro ma non pregiudiziale nelle sue premesse e nelle sue conclusioni, per verificare il rispetto di ciò che sta ugualmente a cuore all’Amministrazione comunale e all’azienda, ovvero la tutela della salute, dell’ambiente e del lavoro.