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Se il virus manda in fumo il fumo (tradizionale). Ecco i numeri Iss

Italiani meno fumatori? Sì, ma di tabacco tradizionale, ovvero sigarette e sigari. Due mesi di lockdown hanno prodotto un cambiamento non banale nella platea di fumatori italiani. Si fumano meno bionde tradizionali, ma si ricorrere sempre più ad altri prodotti innovativi. A leggere i numeri diffusi dall’Istituto superiore di Sanità (Iss) in occasione della Giornata mondiale senza tabacco (31 maggio), sono infatti diminuiti durante il lockdown i fumatori di sigarette tradizionali, ma sono aumentati i consumatori di tabacco riscaldato e sigaretta elettronica. E c’è un dato, sorprendente, sui giovani.

L’INDAGINE

L’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità – realizzata in collaborazione con l’Istituto di Ricerche farmacologiche Mario Negri, l’Università Vita-Salute S. Raffaele, l’Istituto per lo studio, la prevenzione e la rete Oncologica (Ispro) e la Doxa – è stata effettuata nel mese di aprile 2020 mediante la compilazione anonima di un questionario online.

LA SORPRESA DEI GIOVANI

Chi ha smesso di fumare? Secondo l’Iss “diminuisce la prevalenza dei fumatori durante il lockdown che passa dal 23,3% al 21,9%, 1,4 punti percentuali in meno che corrispondono ad una stima di circa 630 mila fumatori in meno (circa 334 mila uomini e 295 mila donne)”. Ma c’è un altro dato. E cioè che “rispetto alle fasce d’età hanno cessato il consumo di sigarette circa 206 mila giovani tra 18-34 anni, 270 mila tra 35 e 54 anni e circa 150 mila tra 55 e 74 anni. Inoltre un altro 3,5% della popolazione pur non cessando completamente il consumo dei prodotti del tabacco ha diminuito la quantità consumata”. Dunque, le fasce di età comprese tra i 18 e i 54 anni sono quelle che hanno deciso maggiormente di chiudere per sempre con le bionde.

GLI STRUMENTI INNOVATIVI

Ma se da una parte diminuiscono i fumatori tradizionali, aumentano gli amanti del fumo elettronico. Perché se “gli utilizzatori occasionali o abituali di sigaretta elettronica prima del lockdown erano l’8,1% della popolazione italiana (18-74 anni)”, fa notare l’Iss, “durante il lockdown tale percentuale è salita al 9,1% con un incremento degli utilizzatori di sigaretta elettronica pari a circa 436 mila persone”. Più nel dettaglio, 430 mila fumatori sono passati a sigarette elettroniche, 130 mila a tabacco riscaldato e 100 mila hanno smesso completamente.

Tra gli amanti della e-cig, il 38,9% ha incrementato il numero di puff (il numero di tiri effettuati con la sigaretta elettronica), il 18,0% ha ripreso regolarmente ad utilizzarla, il 17,0% era un consumatore occasionale ed è diventato abituale (tutti i giorni), il 13,0% la utilizzava raramente (1-2 volte nella vita) ed è diventato un consumatore abituale, il 13% non l’aveva mai provata prima del lockdown.

IL MANIFESTO ANAFE

E proprio in occasione della Giornata senza fumo, Anafe, l’Associazione Nazionale Produttori Fumo Elettronico aderente a Confindustria, ha diffuso un documento programmatico che raccoglie non solo le istanze del settore produttivo ma anche di tutti i soggetti coinvolti, tra cui i non fumatori e i minori, a tutela dei quali l’Associazione si impegna ad attuare forme di disincentivo dal consumo di sigarette e di tabacco, nonché dall’uso di qualunque altro prodotto con e senza combustione. Tra i cardini del manifesto, rischio ridotto, tutela dei minori, contrasto alla vendita illecita di liquidi da inalazione, difesa della filiera del fumo elettronico e tutela dell’ambiente.

COSA NE PENSA L’AIRC

L’Airc-Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro ha sottolineato come: “Nonostante la necessità di ulteriori studi, vi è oggi consenso sul fatto che in confronto al consumo tradizionale di prodotti del tabacco le sigarette elettroniche possano assicurare una riduzione del danno significativa da combustione per il fumatore e per chi gli vive accanto (non sembra infatti provocare effetti analoghi a quelli del fumo passivo)”.

IL PARERE DELL’ESPERTO

Fabio Beatrice, Direttore  Otorinolaringoiatria e Centro Antifumo Ospedale San Giovanni Bosco di Torino spiega a Formiche.net che “è stato stimato che circa 4 milioni di persone hanno aumentato il consumo di sigarette, 1,5 milioni di persone avrebbero ridotto il consumo e 630 mila fumatori avrebbero invece smesso”.

Ebbene “dai dati esposti sembra che una quota di popolazione di fumatori si sia in qualche modo orientata verso il fumo digitale seppure con una prevalenza dei comportamenti duali. Essendo il tabagismo una dipendenza da nicotina, la dualità appare quale possibile conseguenza di un approccio commerciale che risente dell’assenza di un contributo sanitario”.

“Risulterebbe inoltre – afferma l’esperto – che il consumo di fumo elettronico sia più elevato nelle classi sociali più colte e nel sud Italia (parte del paese dove tradizionalmente si fuma di più) . È possibile che ad un livello di cultura più elevato corrisponda una migliore informazione sui prodotti digitali. La sperimentazione di questi prodotti da parte del fumatore peraltro comporta un netto miglioramento soggettivo della qualità della respirazione che il fumatore percepisce facendo le scale o nel corso di attività fisica già 8-10 giorni dopo lo switch esclusivo. Questa soggettività corrisponde alla evidenza clinica e sperimentale: il monossido di carbonio (CO) nei fumatori digitali esclusivi si normalizza”.


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