È un ultimatum, ha una data precisa, e vicina: 18 maggio. È il giorno in cui si riunirà la prossima sessione dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità), e quello in cui il segretario di Stato Usa Mike Pompeo vuole che al tavolo delle discussioni sia inclusa per la prima volta, nella veste di osservatore esterno, anche Taiwan.
Non è la prima volta che il capo della diplomazia Usa si fa portavoce della causa di Taiwan. Questo mercoledì, però, l’appello non è stato rivolto solo all’organizzazione dell’Onu, e al suo direttore generale, quel Tedros Ghebreyesus finito nell’occhio del ciclone con l’accusa di dipendenza dal Partito comunista cinese che, dice Pompeo, “ha il potere” di garantire all’isola lo status di osservatore.
Il segretario si rivolge “a tutte le Nazioni, compresa l’Europa”, nel suo appello per Taiwan. Fin dall’inizio della pandemia, il governo sino-scettico di Ing-wen denuncia la Cina e l’Oms per aver tagliato fuori Taiwan dai canali di informazioni sul virus, considerandola come una qualsiasi provincia cinese e fornendo dati approvati dal governo centrale che, accusa la presidente taiwanese, non sono affidabili.
Il tasto Taiwan è uno dei più delicati della politica estera cinese. La Città Proibita considera l’isola un’estensione della “Mainland China”e vuole accelerare i tempi per attuare la “great rejuvenation”, il piano per riportare Taiwan sotto il pieno controllo di Pechino nel 2049.
Negli ultimi mesi l’amministrazione Trump si è spesa in prima linea a difesa della causa di indipendenza di Taiwan. Una scelta che ha trovato un fronte trasversale di consenso nella politica americana, a partire dal Congresso, che lo scorso anno ha approvato il Taiwan Allies International Protection and Enhancement Initiative (TAIPEI) Act, firmato da Trump un mese fa, una legge che impegna il governo americano a stringere i rapporti diplomatici con l’isola.
L’appello di Pompeo all’Europa è l’ennesima chiamata in causa nella competizione fra Usa e Cina su uno dei dossier più scottanti. Non è facile che atterri su un terreno fertile. La lista di Paesi europei che intrattengono rapporti diplomatici ufficiali con Taiwan è piuttosto corta: c’è solo uno Stato, il Vaticano.
Ciononostante l’isola ha voluto giocare un suo ruolo nella campagna di aiuti nel Vecchio continente, inviando mascherine e dispositivi medici ad alcuni Paesi membri Ue. Fra questi c’è l’Italia, cui l’ambasciatore Andrea Sing-Ying Lee in una recente intervista a Formiche.net ha chiesto di schierarsi contro “discriminazioni ingiustificate per mere ragioni politiche” all’interno dei fori internazionali.
La battaglia di Pompeo all’Oms incontra un altro limite procedurale. Per quanto ampia sia la formazione di Stati che Usa, e in seconda battuta l’Australia, vogliono mettere insieme per chiedere il riconoscimento di osservatore a Taiwan, rimane un problema di fondo: la Cina il 17 maggio potrà e vorrà certamente avvalersi del diritto di veto nell’Assemblea generale dell’Oms.