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Una trasformazione digitale a misura di Sud Europa

Non è un caso che la Commissione europea abbia ribattezzato la propria proposta di fondo per la ripresa Next Generation Fund. Il rilancio europeo passerà infatti soprattutto dagli investimenti nel digitale e nella sostenibilità. Dai primi, nelle sue consuete Considerazioni finali annuali di venerdì, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, si aspetta un contributo decisivo per quell’incremento della produttività del lavoro di poco meno di un punto percentuale all’anno che servirebbe a riportare il trend di crescita del Pil italiano a quell’1,5% che era il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi del 2008-2009. Alle parole, peraltro, Bankitalia farà seguire i fatti, con la creazione di una struttura dedicata al Fintech proprio a Milano, con l’obiettivo di favorirne il ruolo di “centro di innovazione digitale di respiro europeo”.

D’altronde, non appare neppure un accidente della storia che i Paesi che sono cresciuti di più negli ultimi decenni in Europa, i Paesi nordici, siano anche quelli che hanno saputo innovare di più e meglio. In accoppiata con investimenti nell’istruzione e nella ricerca che noi non solo non abbiamo fatto ma abbiamo pensato bene di tagliare.

È anche su queste basi che nasce PromethEUs, per iniziativa di quattro think tank del Sud Europa, l’Istituto per la Competitività (I-Com) per l’Italia, EsadeGeo per la Spagna, la Fondazione IOBE per la Grecia e la Fondazione Francisco Manuel dos Santos per il Portogallo. Per alimentare con analisi e dibattito il vento del cambiamento nei rispettivi Paesi ma soprattutto per contribuire al dibattito europeo portando un punto di vista diverso da quello più comune nella cosiddetta “Brussels bubble”, a trazione prevalentemente franco-tedesca e nordica.
Proprio per questo, se non fosse stato per il Covid-19, il lancio ufficiale sarebbe avvenuto proprio nei giorni scorsi a Bruxelles in Parlamento europeo. Rinviato l’appuntamento fisico a data da destinarsi, si è deciso di organizzare un dibattito online proprio su come il digitale abbiamo consentito di reagire al Covid-19 nelle aziende manifatturiere, nelle università, nella pubblica amministrazione. Dallo smart working alla didattica a distanza, dall’e-commerce agli eventi virtuali, le tecnologie digitali hanno funzionato come il principale gruppo di continuità delle nostre economie e delle nostre vite dopo il black-out provocato dal Covid-19. Ma nel dibattito si sono discusse anche le azioni necessarie per consolidare e mettere a sistema l’accelerazione degli scorsi mesi per completare al più presto la trasformazione digitale delle nostre società.

Al confronto hanno partecipato una cinquantina di esperti e policy-maker dei 4 Paesi, tra i quali Gian Paolo Manzella, sottosegretario allo Sviluppo economico, Maria-Manuel Leitão-Marques, fino al 2019 ministra portoghese alla Presidenza e alla Modernizzazione amministrativa e ora vicepresidente della Commissione IMCO del Parlamento europeo, Kostantinos Chambidis, capo di gabinetto del ministero Greco della Pubblica amministrazione e Governance digitale e Javier Solana, in passato ministro degli esteri spagnolo, alto rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza comune e segretario generale della NATO, ora presidente di EsadeGeo, uno dei quattro think tank che hanno dato vita a PromethEUs.

Tre i principali profili emersi nella discussione.

In primo luogo, la Strategia europea sul digitale non può focalizzarsi solo sui campioni europei ma deve tenere conto anche e per certi versi soprattutto delle piccole e medie imprese, il principale motore dei nostri sistemi produttivi. Senza contrapposizioni ormai stantie tra attori grandi e piccoli ma promuovendo forme di collaborazione di filiera o tra pubblico e privato che mettano al centro le piccole e medie imprese, quantomeno quelle che sono pronte ad accettare la sfida dell’innovazione. Ne è un esempio virtuoso proprio la nostra Fabbrica Intelligente, il cluster nazionale dedicato a Industria 4.0 che riunisce 218 attori industriali (27% grandi imprese e 73% PMI), oltre a una settantina di altri attori pubblici e privati, di cui ha parlato nel corso del dibattito il presidente Luca Manuelli.

Il principale collo di bottiglia sulla strada della trasformazione principale delle piccole medie imprese e della società nel suo complesso sono le competenze di lavoratori e cittadini. Anche qui la collaborazione pubblico-privato appare fondamentale insieme a quella tra player digitali e tradizionali. Sotto quest’ultimo profilo, più che creare a tavolino improbabili campioni Ue contro le Big Tech extra-europee, l’Europa dovrebbe spingere verso maggiori forme di collaborazione, naturalmente su base paritaria e di reciproco vantaggio, tra le grandi aziende tecnologiche (a prescindere dalla loro nazionalità) e le imprese manifatturiere e di servizi perché queste ultime possano compiere con maggiore abbrivio il salto di cui hanno bisogno per approdare nella modernità e dunque in un futuro ancora possibile.

Infine, forme di partenariato pubblico-privato sono indispensabili per raggiungere quella massa critica indispensabile per competere nelle tecnologie chiave. Possibilmente con un ruolo significativo per le imprese, PMI incluse, le startup, le università e i centri di ricerca del Sud Europa.

Proprio all’intelligenza artificiale e alla sua regolazione sarà dedicato il primo paper prodotto da PromethEUs, in uscita prima della pausa estiva. Nelle speranza che i nostri Paesi, Italia in testa, sappiano essere protagonisti delle nuove sfide. Nelle prime file non per aspettare i fondi europei come manna dal cielo ma per utilizzarli al meglio delle proprie capacità con l’obiettivo di migliorare il futuro delle prossime generazioni. Grazie anche agli investimenti nel digitale.

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