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Anche le pensioni vanno vaccinate contro il Covid-19. Il consiglio di Tiziano Treu

Non c’è un problema pensioni, non oggi almeno. Ma ci sarà, nei prossimi mesi, a meno che il governo non intervenga. Lo tsunami del coronavirus sta impattando sul nostro sistema previdenziale e non solo perché l’Inps sta erogando prestazioni straordinarie con riflessi negativi sui conti dell’Istituto (rosso attuale a quota 35,7 miliardi, secondo il presidente del collegio dei sindaci Inps, Guglielmo Loy). Il fatto è che la recessione eroderà con buona probabilità i futuri assegni, per un importo che potrebbe toccare il 3%, salvo interventi tempestivi. Il motivo? Il meccanismo alla base del calcolo delle pensioni.

UNA (POSSIBILE) MINA

A partire dalla riforma previdenziale del 1995, che porta il nome dell’allora premier Lamberto Dini, l’assegno pensionistico viene calcolato in base ai contributi versati, il cosiddetto metodo contributivo, ben differente rispetto al precedente calcolo che invece si basava sulla retribuzione. Per chi ha cominciato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995 il metodo contributivo è pressoché totale, mentre per chi al momento della riforma già lavorava, il calcolo dell’assegno riconducibile ai contributi versati è parziale. Dove sta il problema?

Il metodo contributivo è direttamente agganciato all’andamento del Pil, tramite il cosiddetto montante contributivo, cioè l’importo complessivo dei contributi versati e rivalutati sino al momento della liquidazione della pensione. Il montante è a sua volta calcolato sulla base di un coefficiente che l’Inps fissa ogni anno in base all’andamento del Pil: più è bassa la crescita, più si riduce il montante che determina la pensione, la quale fatica a stare, per esempio, dietro all’aumento del costo della vita. Se poi il coefficiente va in negativo, allora scatta la tagliola. Come ha scritto anche oggi il Messaggero, infatti, una grave e prolungata recessione potrebbe portare per l’appunto il coefficiente in negativo con effetti nefasti per gli assegni liquidati nei prossimi anni, già dal 2022. Non è un caso che proprio oggi i sindacati, Uil in testa, abbia chiesto al governo di intervenire immediatamente per sterilizzare l’impatto della pandemia sulle pensioni.

IL COMMENTO DI TIZIANO TREU

Formiche.net ha chiesto un commento a Tiziano Treu, giuslavorista, presidente del Cnel ma soprattutto ministro del Lavoro proprio durante il governo Dini, dunque ai tempi della riforma, per poi proseguire nello stesso dicastero con il successivo governo Prodi. “Il problema del montante in realtà si è già vissuto nel 2009  (e nel 2015, con il governo Renzi, ndr). Allora per esempio, invece di calcolare un anno di coefficiente, ne furono calcolati due e tutto sommato si è riusciti a superare il problema. Ora però non lo so cosa succederà. Il 2020 sarà un anno terribile”, spiega Treu. “Il governo interverrà, spero lo faccia, ma non oggi, di sicuro occorrerà trovare un meccanismo, un rimedio, perché un taglio simile alle pensioni sarebbe una conseguenza non certo accettabile. La volta scorsa è stata trovata una soluzione, ma ho paura che questa volta non sarà facilissimo. Una cosa è certa, bisogna evitare conseguenze negative sulle pensioni”. L’ex ministro è ottimista, ma senza nascondere il problema futuro. “C’è sempre tempo per farsi del male, una soluzione comunque va trovata, non oggi ma va trovata”.

In merito alla tenuta del nostro sistema previdenziale, è presto per fare previsioni, anche se qualche campanello di allarme è già suonato. “Difficile oggi avere un orizzonte, certamente il nostro sistema pensionistico è sotto stress, come del resto tutto il Paese. Il sistema pensionistico era solido, però alla lunga se il Paese non cresce si va in sofferenza. L’Inps sta erogando molte prestazioni in questo periodo, per fortuna rientrano nel perimetro dell’assistenza e non della previdenza”, chiarisce ancora Treu.

OCCHIO AL DEBITO

L’ex ministro si sofferma poi anche su un’altra grande partita, quella del debito pubblico, il cui rapporto con il Pil, sia a causa dei provvedimenti d’emergenza per il coronavirus, sia a causa del crollo dello stesso Pil, quest’anno finirà al 155,7% nella migliore delle ipotesi. “Se l’Italia ha un problema debito, la cosa positiva è che in Europa lo hanno capito, se anche l’Olanda è arrivata a mettere in discussione il Fiscal Compact. Noi abbiamo sfondato il tetto e per il momento ce lo hanno consentito. Ma non sarà sempre così, prima o poi dovremo rientrare, lavorando gomito a gomito per fare crescita e contenere il debito, anche se non so quando e in che tempi, per saperli ci vorrebbe la palla di cristallo. Questo è poco ma sicuro”.

 

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