Sulla vicenda Autostrade, Giuseppe Conte (e il Contismo) si sarebbero giocati tutto. Da una parte la risolutezza della revoca, misura che in qualche modo avrebbe reso l’attuale presidente del Consiglio il potenziale futuro capo del Movimento Cinque Stelle. Dall’altro una posizione in apparenza più morbida, ma in realtà molto più sottile perché non solo avrebbe compattato la maggioranza, tenendo a bada le pulsioni populiste dei Cinque Stelle (soprattutto dell’area più antagonista), ma sarebbe stata l’ennesima conferma di un Conte perfettamente in linea con il ruolo di insider di Palazzo, che media, smussa e prende decisioni che alla fine possono accontentare tutti (vedere Tav).
Un win-win che a pochi giorni dal possibile accordo con Autostrade sarebbe sbagliato considerare e leggere come l’ennesima storia italiana di mediazione, nella quale se vincono tutti a perdere è la pubblica opinione e l’intera comunità. Perché l’accordo con Autostrade attraverso la ridefinizione della convenzione, è la vittoria della moderazione, di cui il Contismo è espressione autentica, una sorta di trasformismo 2.0, in grado di guidare esecutivi diametralmente opposti nella loro impostazione di politica economica e culturale.
Proprio Conte in questi mesi di lockdown ha capito che il Paese dopo le divisioni quasi trentennali del Berlusconismo e del giustizialismo di Tangentopoli (che purtroppo (r)esiste ancora in modo marcato sia nei Cinque Stelle che in una parte del Pd), alla vigilia di un autunno caldissimo (Confindustria e Cgil hanno alzato il livello dello scontro e alle elezioni regionali di autunno il centrosinistra può perdere Puglia e Marche) vuole e cerca il conforto della serenità e rifugge pertanto scontri e tensioni, che inevitabilmente si materializzerebbero con esiti imprevedibili nel contenzioso con Autostrade.
Niente revoca della concessione, niente tensioni, ma Atlantia dovrà fare uno sforzo maggiore se vuole chiudere la trattativa con il governo. Ed è stato più o meno questo, in perfetto Conte style, il senso del vertice a Palazzo Chigi di ieri sera con il presidente del Consiglio e i ministri dell’Economia, Roberto Gualtieri e delle Infrastrutture, Paola De Micheli, che da molti mesi sta lavorando in silenzio ad una intesa ragionevole con Autostrade.
Gli investimenti per oltre 7 miliardi messi in campo da Aspi, quelli per la manutenzione e il cambio dell’azienda, che ha aperto all’ingresso di nuovi soci, hanno avuto un peso importante nel dossier finito sul tavolo del premier. Anche perché all’attenzione di Conte c’è da mesi il rapporto dell’Avvocatura di Stato che mette in evidenza i rischi di un contenzioso legale, rapporto preceduto più di un anno fa da un analogo studio consegnato all’allora ministro Toninelli dai dirigenti del ministero. Ridurre al minimo le incertezze e trovare un accordo, un compromesso, negoziando sui due fronti aperti: quello delle tariffe e dell’ingresso di nuovi soci. Dopo Tav e Tap il Contismo mette ancora una volta in riga il popolo del no a tutto.