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Distanziati, non isolati. Ecco le tre idee per ripartire di padre Occhetta

Per vedere la luce in fondo al tunnel della crisi servono misure concrete, soldi, sussidi, leggi, riforme. Per costruire il domani post Covid-19 serve qualcosa di più. Idee di un sentire condiviso, per lenire le ferite di una società profondamente turbata e dilaniata dalla pandemia, come dimostrano alcune eruzioni violente di malcontento e risentimento sociale delle ultime settimane.

 

L’appello viene da padre Francesco Occhetta, scrittore e gesuita, che ha affidato a Sec Newsgate tre proposte per ripartire oltre ogni appartenenza politica o ideologica, insieme.

“Chiediamoci come si riattiva un Paese? Con incentivi, ma quando i soldi finiranno? Quali parole utilizzare per rilanciare un sogno, rispetto alla deframmentazione? La politica deve rappresentare tutti, non accontentare” ha esordito.

La “più grande manovra del dopoguerra”, dice Occhetta, deve essere guidata da un principio base della buona politica: non “accontentare tutti”, ma “rappresentare tutti”. C’è troppa tecnocrazia e troppo corporativismo, troppe scelte appiccicate per accontentare tutti. Bisogna tornare ai principi di sussidiarietà, solidarietà e coesione sociale per rilanciare un nuovo modello di produzione. La società e gli enti intermedi come la famiglia, le associazioni, le Chiese devono responsabilizzarsi per un progetto condiviso, altrimenti gli slogan della politica ci disgregheranno, invece di unirci.”

Gli slogan della politica, spiega il gesuita, “ci disgregheranno invece che unirci”. Una via di uscita c’è, se si ha la pazienza di ascoltare chi è più vicino ai bisogni delle persone, e se ne fa carico. “Le società, le associazioni, gli enti intermedi devono responsabilizzarsi per un progetto condiviso”. Più ancora, saper ascoltare “chi sta vivendo questa emergenza in prima linea, perché il tempo del rinascimento ha sempre come protagonisti della storia chi ha fatto la resistenza”.

Una seconda occasione che viene fornita dalla ripartenza è quella di “ribilanciare il rapporto tra la cultura e la natura”, dice Occhetta. “Con la cultura abbiamo creato un superuomo infallibile, ma questo periodo ci ha fatto scoprire quanto siamo fragili, mortali. La natura va ascoltata e non violentata come lo ha intuito Papa Francesco nella Sua enciclica. Come dice un vecchio proverbio spagnolo: Dio perdona sempre, l’uomo a volte, la natura mai”.

I numeri dicono che rimandare in là è un lusso che l’Italia non può permettersi. “Occorre ritrovare un nuovo equilibrio nel vivere gli spazi: il suolo consumato ogni giorno solo nel 2018 ha riguardato 51 km quadrati, cioè 14 ettari al giorno, una superficie quasi equivalente a sei Piazze San Pietro al giorno che venivano tolte dalla natura, mentre la popolazione italiana diminuiva di centomila unità ogni anno”.

L’ultimo grande proposito per la Fase 3 nasce da un rischio che vi si cela dietro. Già oggi si sentono gli effetti di mesi di distanziamento sociale nelle relazioni umane, al lavoro, in famiglia. È fondamentale che il distanziamento non si trasformi in isolamento, ammonisce il gesuita. “Cambieranno le distanze fisiche – continua Occhetta – ma dobbiamo essere attenti a distinguere la distanza fisica dalla distanza sociale. Questa la potremmo vivere in due modi: considerare l’altro un pericolo e un nemico, vivere sempre più soli, oppure capire cosa vorrà dire prossimità e compassione. È la politica del dono che creerà nuovi lavori e nuove visioni, altrimenti il rischio sarà che pochi forti governeranno i molti”.

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