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Perché dico nì alla Borsa italo-francese. Parla Fitoussi

Ben venga una fusione tra la Borsa Italiana e quella francese, ma a un patto. Che siano le prove generali di una sovranità europea e non una semplice operazione finanziaria per impoverire due economie. Jean-Paul Fitoussi, economista francese di fama internazionale, oggi in forza alla Luiss School of Government e all’Institut d’Etudes Politiques di Parigi, la vede in questo modo.

Entro poche settimane il London Stock Exchange, il gruppo finanziario inglese proprietario di Borsa Italiana, potrebbe essere costretto a cedere l’asset tricolore in virtù della possibile acquisizione di Refinitiv, la banca dati da 27 miliardi di dollari in mano a Blackstone (55%) e a Reuters (45%). Ora, per evitare che dalla cessione di Borsa possa spuntare qualche predone straniero (Borsa spa è tra gli asset strategici sotto il cappello del Golden power comunque), come riportato oggi da MF-Milano Finanza, il governo starebbe caldeggiando una joint-venture con la piazza finanziaria francese, controllata dalla piattaforma europea (oltre a Parigi c’è anche la Borsa di Amsterdam), Euronext. Lo schema sarebbe quello già visto con Psa-Fca: presidente italiano ma ceo francese.

Fitoussi, si parla di una possibile fusione tra la Borsa francese e quella italiana. Scippo ai nostri danni o mossa saggia?

Il problema di questa operazione sta tutto nella scelta della sovranità che vogliamo. Credo che l’Europa un domani sarà sovrana o non sarà sovrana, dipende da che cosa vogliamo essere in Europa.

Si spieghi.

Se la fusione tra le due Borse rappresenta un primo vero passo verso una sovranità europea allora dico che l’operazione va bene e ha un senso. Ma attenzione, perché c’è il rovescio della medaglia. Se è solo un’operazione finanziaria e non di sistema, allora non ha proprio senso questa aggregazione. Perché se c’è una cosa di cui ha bisogno in questo momento l’Europa è la sovranità, anche finanziaria. E francamente non c’è spazio per operazioni finanziarie fine a se stesse che non impattino sul sistema.

In questi giorni abbiamo assistito al varo del Recovery Fund. Una risposta europea all’altezza?

Una risposta, ma lasci che le dica una cosa: si può fare di più, anzi forse si deve perché il rischio è quello di una bomba sociale. Con il Recovery Fund abbiamo finalmente visto un’Europa solidale ed è un bene che i Paesi, come l’Italia, che hanno subito maggiori danni dall’epidemia, alla fine abbiano avuto di più. Tuttavia, il Recovery Fund è un qualcosa tra una terapia d’urto e l’omeopatia. La situazione è talmente profondo che bisogna fare di più.

Che cosa bisogna fare di più?

Bisogna che la gente resti viva, perché c’è un pericolo di morte sociale oltre che di morte da coronavirus. C’è un pericolo che va scongiurato. I conti, sul debito e sul deficit, visto il momento, sarebbe meglio non farli adesso, magari più tardi, quando il Recovery Fund sarà operativo e l’emergenza finita. Stiamo scendendo all’inferno, suggerirei di dare soldi alla gente piuttosto che indugiare sui conti pubblici.

Fitoussi oggi uno dei consiglieri di Emmanuel Macron, Alain Minc, ha lanciato una proposta. Consentire ai Paesi membri di cancellare l’intero debito pubblico maturato nel corso dell’emergenza Covid-19. Come le suona?

Minc lo conosco molto bene. Ed era di quelli che sostenevano il Fiscal Compact, ora mi sembra che abbia cambiato idea. La gente cambia idea velocemente pur di essere in linea con la maggioranza.

Va bene, ma detto questo nel merito della proposta che ne pensa?

Che è arrivato il momento di capire che i debiti sovrani impediscono ai Paesi di avere una politica economica espansiva e vera. E allora dico cancelliamo parte del debito italiano, francese, purché riescano a crescere, senza rimanere paralizzati. Bisogna fare un’operazione intelligente di cancellazione del debito, toglierne una parte a quelle economia che hanno bisogno di crescere. Perché o lo facciamo noi, adesso, o prima avverrà per cause di forza maggiore, quando molte economie non riusciranno più a pagarlo.

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