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Via Haftar, riparte il petrolio. Libia verso la Fase 2 (anche per l’Eni si spera)

La fine della campagna militare per conquistare Tripoli, la sconfitta militare con la ritirata dalla Tripolitania di Khalifa Haftar — signore della guerra dell’Est libico a cui  la Russia e soprattutto l’Egitto stanno costruendo una exit strategy dignitosa — porta i suoi primi frutti. Effetti collaterali di estrema importanza: il campo pozzi di Sharara torna lentamente a funzionare.

Da oltre quattro mesi era stato bloccato con un blitz delle forze haftariane, che avevano usato le unità armate delle tribù locali per chiudere i cancelli a uno dei più grandi campi libici, in grado di produrre fino a 300mila barili di greggio giornalieri (a fronte di una potenzialità del paese di poco sopra al milione al dì).

L’estrazione e la vendita di petrolio sono fondamentali per la Libia. Le risorse energetiche sono il principale degli asset per il governo libico Gna, in grado di permettere il sostentamento della macchina statale. Anche per questo Haftar aveva fatto in modo di bloccare i campi — mossa giocata nei giorni della conferenza diplomatica di Berlino, conferma della mai avuta disponibilità a trattare una soluzione politica.

In difficoltà militare, il capo miliziano ha cercato di colpire i civili: strangolare l’economia del governo internazionalmente riconosciuto, che aveva messo sotto attacco, gli avrebbe permesso — nei suoi piani — di esasperare dal punto di vista socio-economico i cittadini tripolini e portarli contro i propri amministratori a scegliere una resa.

La resilienza della Tripolitania e la tecnologia militare della Turchia (intervenuta in modo chirurgico al fianco del Gna) hanno però fatto fallire l’intento tattico del capo miliziano.

La ripartenza del campo Sharara — gestito dalla spagnola Repsol, in partnership con la francese Total, l‘austriaca Omv e la Equinor norvegese — sarà graduale. Gli ingegneri pensano a 20mila barili al giorno come quota iniziale, ma è un segnale di ripresa e normalizzazione che si inserisce in un momento in cui la stabilizzazione sembra avvicinarsi (o almeno sembra più chiara la sua necessità, perché nei termini è tutta da decidere).

Il governo di Tripoli usa la riapertura anche come arma mediatica, ossia per spiegare quanto Haftar sia una forza destabilizzatrice del contesto libico (tanto che la sua sconfitta normalizza situazioni fondamentali come appunto la produzione petrolifera).

Tra l’altro, la riapertura del campo indica come sia fluido il contesto. Diverse delle tribù locali della Tripolitania erano passate con Haftar una volta che i loro territori erano stati occupati, per poi tornare in questi giorni con il Gna.

Sharara si trova nel sud-ovest del Paese, poco a nord di un altro campo pozzi molto importante: El Feel, che aveva anch’esso subito la chiusura degli oleodotti per imposizione di Haftar. El Feel, l’elefante, è gestito da una partnership tra la libica Noc e l’italiana Eni, che attualmente non può confermare rumors sulla riapertura anche di questo  impianto. Possibile siano ancora in corso trattative.

 

 

 

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