Segnali di pericolo sul fronte dell’industria. Ad aprile fatturato e ordinativi dell’industria italiana praticamente dimezzati rispetto allo stesso mese del 2019 (rispettivamente -46,9% e -49%) , con un ulteriore calo congiunturale che per il fatturato è del 29,4 % e per gli ordinativi del 32,2%. Lo comunica l’Istat, che parla dei peggiori risultati per entrambe le serie storiche – che partono dal 2000 – segnalando come nella media degli ultimi tre mesi la riduzione è del 23,9% e del 27,7%, rispettivamente.
LA CADUTA CONGIUNTURALE
Il calo congiunturale del fatturato – spiega l’istituto – è esteso sia al mercato interno, che cede il 27,9%, sia a quello estero, che segna una caduta del 32,0%. Per gli ordinativi, sono le commesse provenienti dal mercato interno a registrare il peggiore risultato (-33,9%) rispetto a quelle provenienti dal mercato estero (-30,0%). La flessione è generalizzata a tutti i raggruppamenti principali di industrie: gli indici destagionalizzati del fatturato registrano una caduta congiunturale del 23,3% per i beni di consumo, del 30,9% per i beni intermedi, del 33,4% per l’energia e del 34,4% nel caso dei beni strumentali. Su base annua, corretto per gli effetti di calendario il fatturato totale diminuisce del 48,1% sul mercato interno e del 44,6% su quello estero. Con riferimento al comparto manifatturiero, l’Istat evidenzia come tutti i settori registrano variazioni negative. Le flessioni sono più lievi per il comparto farmaceutico (-0,2%) e per quello alimentare (-9,5%), molto più ampie nei rimanenti: dalla chimica (-26,6%) fino ai risultati senza precedenti dei mezzi di trasporto (-73,5%) e dell’industria tessile e dell’abbigliamento (-78,5%). In termini tendenziali l’indice grezzo degli ordinativi segna una caduta 53,0% per quelli interni e del 43,6% per quelli esteri. L’unica variazione positiva si registra per l’industria farmaceutica (+1,5%), mentre quella negativa più ampia si rileva per il settore dei mezzi di trasporto (-71,2%).
LA UILTEC CHIEDE UN PATTO PER IL RILANCIO
“Occorre dare un colpo di reni e agire di conseguenza. I dati sul fatturato dell’industria danno il quadro della gravità in cui versa l’economia. Oltre alle risorse europee, indispensabili per far ripartire il Paese occorre un Patto tra istituzioni imprese e sindacati sulle scelte da fare in tempi brevissimi. Riteniamo che un’intesa in questo senso debba poggiare sul concreto equilibrio tra politiche sociali e politiche rivolte alla produzione di beni necessari”. Lo ha detto Paolo Pirani, segretario generale della Uiltec, commentando i dati in questione. “Sia il fatturato che gli ordinativi – ha continuato Pirani – calano circa del 50% rispetto al mese di aprile dello scorso anno. Un disastro a cui occorre reagire salvaguardando il patrimonio industriale ed il settore manifatturiero, in particolare. Il Patto sociale potrebbe reggersi sulle gambe di un’intesa sulla transizione energetica e su un analogo accordo per la salute. Energia, sviluppo e ricerca nel campo farmaceutico, la produzione di beni in questo settore, possono costituire un fattore di sostegno, ma anche moltiplicatore per le voci del manifatturiero. Ma non si può perdere ulteriore tempo”.
UNO TSUNAMI SECONDO IL CODACONS
Sono “disastrosi” per il Codacons questi dati: ”Fatturato e ordini si sono praticamente dimezzati rispetto allo stesso periodo del 2019, a dimostrazione dello tsunami che si è abbattuto sull’economia italiana a causa del coronavirus – spiega il presidente Carlo Rienzi -. Destano preoccupazione i numeri sui beni di consumo, che per i durevoli segnano un calo record del -80,4%, ma in generale tutti gli indici sono estremamente negativi”. ”Si tratta di crolli per l’industria senza precedenti, addirittura peggiori dei dati registrati a seguito della crisi economica del 2008,che dimostrano l’esigenza di misure urgente e realmente efficaci per far ripartire il settore e salvare migliaia di posti di lavoro seriamente a rischio” conclude Rienzi.
ANNO BUIO PER L’UNIONE CONSUMATORI
“Uno sfacelo! Una rovina sia per gli ordinativi che per il fatturato, con un tonfo record peggiore persino a quello registrato nel 2009, l’anno più buio della precedente recessione”. Così Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.”Infatti- continua Dona- mentre nell’aprile 2009 ci un fu una caduta annua del fatturato del 22,7%, ora il crollo è del 46,9%, ossia più del doppio, il 106,6% in più. Non solo, se confrontiamo il livello delfatturato di oggi con quello dell’aprile 2009, attualmente è inferiore del 36,9%, -46,4% quello interno “. Per il presidente dell’Unione Nazionale Consumatori anche per gli ordinativi “c’è un tracollo da primato storico. Mentre ora precipitano su base annua del 49%, nell’aprile 2009 ci fu una flessione, rispetto ad aprile 2008, molto più contenuta, pari al 32,9 per cento. Per quanto riguarda quelli interni, poi, si passa dal -31% del 2009 al -53% di oggi”.
IL SETTORE FARMACEUTICO IN CONTROTENDENZA
Il dato positivo segnalato dall’Istat per quanto riguarda il settore farmaceutico viene anche confermato da uno studio del centro studi Srm collegato al gruppo Intesa San Paolo. L’impatto della pandemia sul primo trimestre dell’anno evidenzia un settore farmaceutico in totale controtendenza rispetto all’insieme dell’economia: l’export è aumentato di oltre il 24% su base annua per l’Italia e del 14,9% per il Mezzogiorno, a fronte di un dato per il totale economia che a livello nazionale cala dell’1,9% e a livello meridionale cresce dell’1,1%. Lo studio è stato presentato oggi nel corso di un webinar organizzato con Farmindustria, dal titolo ‘La forza dell’innovazione per il rilancio del Mezzogiorno. La filiera farmaceutica di fronte alla sfida del Covid-19’. Il settore farmaceutico è un settore tipicamente anticiclico che non è stato ovviamente coinvolto in forme di blocco dell’attività produttiva essendo, al contrario, annoverato tra quelli prioritari per fronteggiare la difficile situazione. La ricerca mette quindi in evidenza come il settore abbia risentito meno di altri della recessione in atto e come potrà rappresentare uno dei settori trainanti del recupero dell’Italia dopo la pandemia. Anche gli ultimi dati Movimprese mostrano la tenuta del settore farmaceutico. Se si considerano le imprese attive al primo trimestre 2020, si registra un +0,4% per l’Italia e un +0,8% per le regioni del Sud (-0,6% in Italia e -0,7% nel Mezzogiorno la media manifatturiera).Dai dati totali (riferiti al complesso economia) emerge come nei primi3 mesi del 2020 si contino quasi 30mila imprese in meno a livello nazionale, contro un calo di 21mila nello stesso trimestre del 2019. Sempre a livello complessivo, il bilancio della nati-mortalità delle imprese tra gennaio e marzo di quest’anno risente delle restrizioni seguite all’emergenza Covid-19 e rappresenta il saldo peggiore degli ultimi 7 anni, rispetto allo stesso arco temporale. “Durante la pandemia Covid-19 – evidenzia il direttore generale Srm, Massimo Deandreis – il settore farmaceutico è stato in prima linea dimostrando la sua rilevanza per il Paese e registrando dati in totale controtendenza rispetto all’andamento negativo dell’economia nel suo insieme. Confortano i dati del primo trimestre del 2020 e le stime di impatto complessivo sul 2020 che vedono anche scenari di crescita. Il farmaceutico si conferma inoltre emblematico per l’interazione tra industria, ricerca, università e innovazione. Una combinazione vincente che deve diventare il perno anche di altri settori industriali. Il Mezzogiorno sta dando un contributo molto rilevante, spesso non conosciuto, con eccellenze nel settore della ricerca e della capacità produttiva italiana come cerchiamo di mettere in evidenza in questa ricerca”. “Le imprese del farmaco – afferma Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria – sono un asse portante dell’industria in tutt’Italia e anche al Sud. In molte regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia ad esempio) sono tante e tutte insieme (a capitale nazionale o estero, grandi, medie o piccole) rappresentano una realtà importante dal punto di vista economico, occupazionale e sociale. Grazie alla qualità delle risorse umane, all’efficienza dell’indotto e alle sinergie con centri clinici, università, centri di ricerca e start-up, in un modello di open innovation che può dare molto al territorio. I dati dello studio confermano inoltre che, nonostante le difficoltà dell’emergenza Covid-19, il settore farmaceutico può essere in grado di fare da volano per il rilancio di tutto il Sud”.
L’INDUSTRIA CHE FA CRESCERE IL SUD
La filiera farmaceutica del Sud è protagonista nel contesto nazionale: vanta 124 unità locali (il 16,6% del totale Italia) e 5.520 addetti (il 9% del dato nazionale). Il valore aggiunto farmaceutico meridionale è di oltre 650 milioni di euro (il 7% del dato nazionale) e si registra un export pari a oltre a3,1 miliardi di euro (circa il 10% del dato nazionale), con una crescita media negli ultimi 10 anni del 5,2%. Si registra, inoltre, un saldo commerciale positivo per 1.381 milioni di euro. Anche questa immagine di prospettiva è stata messa in risalto dallo studio di Srm. Importante è l’impatto moltiplicativo del settore: si calcola che, per effetto dei legami interregionali e di filiera, nel Mezzogiorno 100 euro di produzione farmaceutica attivano 42 euro aggiuntivi nell’area e 529 euro nelle altre regioni e negli altri settori, per un impatto complessivo di 671 euro (mentre il dato complessivo medio per il manifatturiero è di 493 euro). L’analisi degli scenari per l’anno in corso evidenziano la resilienza della filiera alla crisi Covid e il grande contributo alla tenuta complessiva della gestione sanitaria sul territorio. L’analisi condotta sulla base di due diversi scenari di riferimento, uno meno pessimistico e uno più pessimistico , ha portato quindi a questo risultato prospettico: la filiera farmaceutica meridionale potrebbe far registrare nel 2020 una variazione di fatturato compresa tra il -0,4% (secondo scenario) e il +0,8% (primo scenario), mentre a livello nazionale la variazione sarebbe tra -0,2% e +0,6%; in termini di valore aggiunto, invece, si calcola una variazione compresa tra -0,3% (secondo scenario) e +1,3% (primo scenario), mentre a livello nazionale il “range” di riferimento sarebbe compreso tra -0,1% e +1,4%.Va citato poi il ruolo molto importante contro Covid-19 degli studi clinici, alcuni dei quali condotti proprio grazie all’eccellenza della ricerca svolta nelle regioni del Sud (ad esempio in Campania). Infine, vi è un sostegno all’economia nazionale da parte delle imprese con donazioni in farmaci, o finanziarie, pari complessivamente a più di 40 milioni (il dato non include i farmaci donati alle strutture per uso compassionevole e forniti per gli studi clinici). Secondo l’analisi, il Sud ha tutte le carte in regola per partecipare attivamente alla crescita futura della filiera e, quindi, alla ripresa dell’economia del Paese – potendo contare su grandi capacità in termini di competenze e “skills” produttivi e di ricerca – e può risultare di particolare interesse per il rilancio di taluni processi produttivi, per far crescere la ricerca clinica e per attrarre investimenti di qualità e di prospettiva sul territorio. Grazie alle sue potenzialità, potrebbe quindi essere al centro di nuovi percorsi di crescita indirizzati a configurare nuove prospettive per la filiera a livello Paese.
L’INTERVISTA AD “AVVENIRE” DI SCACCABAROZZI
La coesione è il primo fattore al quale Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, attribuisce i successi di quello che i dati certificano come uno dei comparti più sani, produttivi e competitivi della manifattura nazionale. Un settore anche davanti alla pandemia di nuovo coronavirus ha retto. Come? “E’ stato possibile grazie a risorse umane altamente qualificate, a materie prime di riconosciuta qualità a livello globale e a investimenti, costanti e cospicui, nell’innovazione”, spiega il numero uno dell’associazione nazionale imprese del farmaco in un’intervista ad ‘Avvenire’. “Non solo i vari segmenti della filiera hanno collaborato tra loro – sottolinea – ma anche a stretto contatto con le Istituzioni, rispondendo alle emergenze dei pazienti e delle strutture sanitarie, e garantendo la continuità della produzione e delle terapie, nonostante il lockdown”. Scaccabarozzi evidenzia che “la nostra presenza nell’industria italiana crea un valore nell’indotto pari al triplo della filiera, al Nord, al Centro e in tante aree del Sud, generando direttamente e indirettamente sviluppo e ponendosi al centro di un network che comprende tante strutture di eccellenza del Servizio sanitario nazionale”. Davanti all’emergenza Covid-19 “ci siamo immediatamente allertati – prosegue il manager – sia recependo le disposizioni normative, che hanno riconosciuto indispensabili le attività del settore, sia adottando da subito importanti misure di prevenzione dei rischi. Premettendo che, nei periodi di grande incertezza, tutela della salute e stabilità economica vanno di pari passo, abbiamo scelto la strada della responsabilità e della concretezza, tutelando pazienti e lavoratori. Abbiamo garantito la sicurezza con Task force su organizzazione del lavoro, produzione, ricerca clinica, distribuzione, informazione scientifica, anche condividendo ‘best practices’, grazie al confronto sempre positivo con isindacati. Così tutti i pazienti, non solo quelli colpiti da Covid-19,hanno avuto accesso alle terapie”. Al presidente di Farmindustria “preme rimarcare che è stato fondamentale il ruolo delle Istituzioni, a partire da ministero della Salute e Aifa”, l’Agenzia italiana del farmaco, “protagonisti della tenuta di tutto il sistema anche grazie a una vera e propria partnership con l’industria farmaceutica. E poi” Scaccabarozzi loda “il sacrificio di tanti uomini e donne delle imprese, dell’indotto e della filiera distributiva, che non si sono mai fermati”.