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La mancanza di libertà in tempo di Coronavirus

Pierluigi Battista, su 7 del Corriere qualche giorno fa ha elencato tutte le libertà che gli sono mancate nel periodo della pandemia, che ci ha colpiti con la “clausura casalinga”, in particolare. Ed io ho voluto giocare a verificare tutte quelle libertà che non mi sono mancate in questo periodo, partendo sempre dà una consapevolezza che ho sempre avuto fin da ragazzo e cioè che mi sentirei libero anche in una prigione. Mi basterebbe solo qualche libro e qualche quaderno su cui prendere appunti.

Iniziamo: “Guardare le vetrine di un negozio per poi non comprare niente”, a Battista è mancato. A me no, perché mi da proprio fastidio guardare le vetrine… Anche con mia moglie. Sono solito, infatti, entrare nei negozi con la decisione già presa e solo per comprare un oggetto che ho già scelto.

A Battista è mancato “andare al ristorante e aspettare che liberino il tavolo che avevi prenotato perché c’è tanta gente”. A me per niente, perché avendo prenotato per tempo, per tanto tempo prima, anche di giorni, pretendo che appena entro nel locale mi si dia il tavolo che mi spetta.

A Battista è mancato “sfogliare un giornale al tavolino di un bar di tanto in tanto distratto dalle chiacchiere dei tavolini vicini”. A me, se leggo un giornale, occorre concentrazione e non mi faccio distrarre da nessuno. Se voglio ascoltare per curiosità quel che dicono i vicini di tavolo, mi riservo di leggere il giornale a casa dopo averlo piegato bene, perché non si rovini (giornali e libri vanno rispettati… e mai nemmeno prestati). Non mi manca affatto questo “diversivo”, per curiosare, come non mi manca “entrare in una chiesa che non conoscevi per guardare i quadri appesi” come Battista, perché se entro in una chiesa lo faccio solo per pregare e non mi curo dei quadri e delle statue.

Recentemente sono andato alla presentazione dell’ultimo libro di Marcello Veneziani, la sala dell’Antico Caffè Greco era gremitissima, come sempre alle iniziative del mio amico, che ho salutato all’inizio dell’evento e sono andato via. Battista invece si lamenta che non può “andare alla presentazione di un libro restando in piedi perché c’è molta gente”. Ed anche “andare a mangiare in un luogo affollatissimo” dispiace al giornalista del Corriere, mentre io di solito scelgo posti appartati e poco frequentati. E poi “comprare, non saprei cosa, ma comprare – scrive Battista -. E passeggiare lungo strade affollate, lungomari affollati, viali affollati, scalinate affollate di un palasport, pieno di gente per un evento sportivo o musicale”; a me invece fanno girare la testa gli assembramenti e le folle, mentre per Battista è un divertimento, come “sprecare liberamente tempo, denaro, occasioni. Attardarsi in un supermercato”… A me ha dato sempre la sensazione che perdere del tempo significa rubare tempo e denaro a qualcuno e sopratutto alla mia comunità familiare, locale, nazionale.

Che paranoia le mia! E che peso sono per chi mi sta accanto! che leggendo queste “spigolature estemporanee” penserà meglio: mille volte Pierluigi Battista.



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