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Ombre francesi sull’Italia. Il blitz in Mediobanca che può portare a Generali

Chissà cosa direbbe Enrico Cuccia, per 60 anni deus ex machina di Mediobanca. Dopo 48 ore di rumors e voci, questa mattina Leonardo Del Vecchio ha ufficializzato l’intenzione di salire al 20% di quello che fu il salotto buono della finanza italiana. Delfin, la finanziaria di Del Vecchio e azionista al 32,2% del gruppo italo-francese EssilorLuxottica (sede principale a Charenton le Pont, nella valle della Marna), ha comunicato in una nota che venerdì scorso è stata depositata presso la Banca d’Italia istanza per l’autorizzazione ad incrementare la partecipazione detenuta da Delfin e da Leonardo Del Vecchio, rispettivamente in via diretta ed indiretta, in Mediobanca al di sopra della soglia del 10% del capitale sociale e fino all’ulteriore soglia autorizzativa del 20%. Il procedimento, dunque, si è messo in moto.

OMBRE FRANCESI

Al netto del fatto che in Mediobanca, autentico crocevia della finanza italiana da 7 decenni a questa parte, non c’è mai stato un socio unico di tale peso, a Piazzetta Cuccia non c’è più il patto di sindacato che controllava la banca, ma alcuni soci forti come Del Vecchio, BlackRock (4,9%) Benetton (2,1%), Mediolanum (3,3%), il problema sembra essere un altro: una ingombrante presenza francese al punto da registrarsi già una certa apprensione del Copasir, il Comitato per la sicurezza della Repubblica. Un asse che parte da Charenton le Pont, passa per Milano e può arrivare fino a Trieste, alle Generali. Tanto per cominciare, il secondo socio di Mediobanca, dopo Del Vecchio, è il Gruppo Bollorè (6,7%), del finanziere bretone Vincent Bollorè, primo socio privato in Tim. Di più. Nel 2017 la Luxottica di Del Vecchio si è fusa con la francese Essilor, dando vita al gruppo italo-francese EssilorLuxottica e di cui la finanziaria di Del Vecchio detiene il 32,2%.

IL PROBLEMA GENERALI

Fin qui la partita Mediobanca. La quale però chiama direttamente in causa le Assicurazioni Generali, primo gruppo assicurativo in Italia e tra i primi dieci d’Europa. Sì, perché il capitale del Leone vede tra i primi soci proprio Mediobanca (12,8%), seguito da Caltagirone (5,1%) e dallo stesso Del Vecchio (4,8%) e dalla famiglia Benetton (3,9%). Messi insieme, questi azionisti insieme a pochi altri, valgono il 29,5% del capitale Generali. Tralasciando il fatto che oggi il Leone esprime un ceo francese (Philippe Donnet), una salita di Del Vecchio, alla guida (è presidente esecutivo di EssilorLuxottica) di un gruppo italo-francese, in Mediobanca nei fatti potrebbe rappresentare un aumento del grip transalpino non solo su Mediobanca, ma sulle stesse Generali.

I DUBBI DI SFORZA FOGLIANI

Formiche.net ha chiesto un parere a un banchiere di lungo corso quale Corrado Sforza Fogliani, oggi a capo di Assopopolari, l’associazione delle banche popolari. Sforza Fogliani esprime una certa preoccupazione per l’operazione Mediobanca. “C’è una costante quando non progressiva presenza di capitale estero nelle nostre banche italiane. Stiamo assistendo a un aumento di questi capitali francesi nel nostro sistema bancario. Non è un caso che molte banche italiane, per non dire la maggior parte, sono italiane solo perché hanno la sede in Italia. Ma se guardiamo alla proprietà, il capitale è straniero o per via diretta o attraverso i fondi speculativi. E queste presenze hanno spesso e volentieri condizionato le assemblee dei soci”. Secondo Sforza Fogliani questo stato di cose, rappresenta un problema. “Si tratta pur sempre di un impoverimento del nostro sistema-Italia, perché utili e profitti se ne vanno all’estero, impoverendo il nostro Paese”.

 



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