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Mediobanca, Intesa, Unicredit. Il risiko bancario secondo Nicola Porro

Molto rumore per nulla. Sul caso Essilor-Luxottica-Mediobanca c’è stato troppo clamore. Parola di Nicola Porro, giornalista e conduttore di Quarta Repubblica, vicedirettore de Il Giornale, che a Formiche.net spiega di non capire “perché l’Eurotower non dovrebbe dare il semaforo verde”.

I fatti sono noti. Il presidente esecutivo della compagnia italo-francese Leonardo Del Vecchio ha chiesto di aumentare la quota in Mediobanca della sua controllata lussemburghese Delfin dal 9,9% al 20%. Se l’operazione ricevesse il via dalla Bce, di cui si attende ancora il responso, si tratterebbe di una situazione inedita per Piazzetta Cuccia, dove, grazie anche alla tenuta di un patto di sindacato, nessun azionista ha avuto nelle mani una quota così alta.

La scalata della storica Banca d’affari milanese ha sollevato un polverone perché Mediobanca detiene il 13% delle azioni di Assicurazioni Generali, di cui Del Vecchio oggi ha invece il 5%. Insomma, se andasse in porto l’acquisto, l’imprenditore aumenterebbe non di poco la presa sul Leone di Trieste. Prospettiva, questa, che ha visto il mondo dell’intelligence e in particolare il Copasir presieduto da Raffaele Volpi lanciare un allarme. Il rischio, dicono, è che due capisaldi della finanza italiana con in pancia miliardi di debito pubblico, finiscano nel mirino di attori stranieri (francesi).

“Per me la vicenda è semplice – spiega Porro – c’è un imprenditore italiano che da tempo aveva capito che c’era spazio per investire e creare maggiore valore in Mediobanca, che sta andando piuttosto bene. Del Vecchio ha liberamente scelto di aumentare la sua quota di mercato”. Dietro il polverone mediatico c’è una distorsione ottica: “Mediobanca non è più quella degli anni ’90, quando tutto passava per Piazzetta Cuccia, non è più quella delle grandi tasche di Cuccia e Maranghi. È una public company e come tale qualcuno prova a scalarla”.

Difficile dunque che da Francoforte arrivi uno stop, “non ne vedo il motivo”. Quanto alle Generali, “sono state guidate per una vita dai francesi, le grandi compagnie assicurative sono state sempre francesi, tedesche o italiane”. Certo, dice Porro, “sono un patrimonio dell’Italia, una parte del nostro risparmio passa per Generali, ma la vicenda mi sembra gonfiata. Più volte ho sentito la storia delle Generali che passano in mani francesi, se ne parlava anche ai tempi di Antoine Bernheim, quando dentro c’era la francese Lazard”.

Sullo sfondo dell’affaire Mediobanca si staglia la partita fra Intesa San Paolo e Unicredit (anche questa finita nel mirino del Copasir, che questo giovedì ascolterà l’ad di Unicredit Jean-Pierre Mustier). L’offerta da 4,8 miliardi di euro avanzata dalla banca guidata dall’ad Carlo Messina per Ubi Banca ha ravvivato una storica rivalità fra i due istituti, sfociata di fronte all’Antitrust che ora dovrà decidere sull’Opa.

“Anche qui per me la questione è molto chiara – commenta Porro – una è una banca di sistema italiana che vuole giocare una partita internazionale e ha un forte radicamento in Italia, l’altra è una banca internazionale che nasce italiana, hanno due dna completamente diversi”. La rivalità si gioca dunque “sul ruolo che vogliono avere in Italia. Se Intesa prende Ubi diventa ancora di più una banca di sistema, e Unicredit sempre più una banca di mercato e meno radicata nel Paese”.



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