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Mes, tra punti di forza (tanti) e di debolezza (pochi). L’analisi di Ferretti

Triste dover registrare che, nonostante l’estrema necessità di iniettare liquidità nel tessuto produttivo, ci siano ancora forze politiche che si oppongono all’utilizzo del famigerato Mes. E poiché questa opposizione oggi appare davvero indifendibile da un punto di vista economico, potrebbe essere utile provare ad applicare una analisi “punti di forza – punti di debolezza” alla questione.

PUNTI DI FORZA

Nessuna condizionalità: la nuova linea del Mes, denominata Pandemic line non prevede nessuna di quelle condizionalità che caratterizzarono l’intervento del Fondo nella precedente crisi. Questa non è una crisi derivante da una finanza allegra di alcuni stati, ma una crisi economica derivante da una variante esogena incontrollabile chiamata Covid-19. Dunque, oggi, nessuna Troika, nessun vincolo ai bilanci dei paesi richiedenti, nessuna limitazione alla sovranità delle nazioni.

L’unica condizionalità attualmente prevista è quella relativa alla destinazione dei finanziamenti del Fondo che dovranno riguardare esclusivamente le spese attinenti, in maniera diretta ed indiretta, al settore della sanità. Ovviamente, qualora invece nella fase del perfezionamento dell’intervento del Mes dovessero spuntare limiti, vincoli e condizionalità non previste, basterà che l’Italia si astenga dall’utilizzo della Pandemic Line senza alcuna conseguenza negativa. Da non trascurare, infine, che i fondi del Mes, contrariamente ad altri strumenti come i Recovery bond, sarebbero attivabili in brevissimo tempo in quanto non necessitano di sostanziali variazioni normative.

Poi c’è il costo dell’intervento irrisorio: la Pandemic Line è dotata di 240 miliardi di cui 36 destinabili all’Italia. Di recente il direttore finanziario del Mes ha stimato con puntualità il costo dell’eventuale finanziamento. Più in particolare, alle attuali condizioni di mercato, il finanziamento del Fondo potrebbe essere concesso, per durate fino a 7 anni, al tasso negativo dello 0,07% e a 10 anni al tasso dello 0,08%. Il che vuol dire, nel primo caso, che uno stato restituirebbe meno di quanto preso in prestito. Da evidenziare che se attualmente lo stato italiano, dato il suo rating non proverbiale, decidesse di emettere Btp decennali per coprire appunto le spese sanitarie, dovrebbe garantire ai sottoscrittori un rendimento dell’1,15%.

Infine, lo scopo: La pandemia ci ha mostrato come la nostra sanità pubblica, ancorchè tra le migliori al mondo, non è in grado di affrontare emergenze epidemiologiche come quella in atto. Infatti, il nostro attuale modello è ospedalocentrico e poggia sull’illusione che la grande struttura possa resistere a qualsiasi shock. Parallelamente la medicina del territorio è stata abbandonata a se stessa ed i medici di base declassati ad impiegati del catasto.

Il problema è che, in questo contesto, l’onda anomala di una pandemia tende ad abbattersi direttamente sui pronto soccorso ospedalieri data l’assenza di barriere frangiflutti costituite dalla medicina del territorio e della medicina domiciliare. Dunque appare indispensabile trasformare l’attuale modello statico in un modello più agile a geometrie variabili in grado di plasmarsi in base all’emergenza. Ad esempio, non serve un numero spropositato di terapie intensive, ma è necessario che siano affiancate da terapie subintensive rapidamente riconvertibili in caso di emergenza.

Ora, il piano del governo per mettere in sicurezza il nostro Ssn prevede investimenti per almeno 25 miliardi volti, da una parte, a potenziare tecnologicamente gli ospedali (10 miliardi) e, dall’altra, a ricostruire la medicina del territorio oggi allo sbando (altri 10 miliardi). Oltretutto, affinchè il piano di messa in sicurezza del Ssn possa funzionare sarà indispensabile stabilizzare almeno una buona fetta dei 2300 medici e infermieri assunti con contratti precari per fronteggiare l’emergenza Covid.

Da considerare, infine, che spesso per migliorare le cose non sono necessarie cifre mirabolanti: ad esempio, per implementare e rinnovare tecnologicamente i macchinari ad alta specializzazione degli ospedali (Tac, Risonaze etc) basterebbero circa 1,5 miliardi. Dunque appare del tutto evidente come, in questo scenario, i 36 mld del Mes sarebbero assolutamente preziosi.

PUNTI DI DEBOLEZZA

Nessuno, almeno dal punto di vista economico. E infatti il problema non è economico, ma squisitamente politico. Infatti, purtroppo, le forze di governo e di opposizione che hanno utilizzato lo slogan No Mes nelle loro campagne elettorali permanenti si sono oggi ritrovate prigioniere in una gabbia elettorale da cui non sanno come uscire senza far insorgere i loro elettori. E questo anche se è ormai universalmente chiaro che con il New-Mes la sovranità nazionale non corre alcun pericolo. E poco importa se rinunciare al Mes per motivi elettorali vuol dire sacrificare una occasione d’oro per rendere più solida la nostra sanità pubblica, tra l’altro a costo zero.

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