Rilancio del settore immobiliare, stop a Quota 100, sprint negli investimenti in ricerca e sviluppo e produttività. E se possibile, un taglio secco all’Imu. Se c’è un’agenda su cui impostare i lavori degli Stati generali dell’economia al via dopodomani è proprio questa. Non c’è da pensare troppo e soprattutto dire troppo, bastano poche cose ma ben pensate, è la sintesi di Riccardo Puglisi, docente ed economista presso l’Università di Pavia.
Puglisi, a 48 ore dagli Stati generali da dove si parte?
Il punto di partenza è la produttività stagnante, il vero problema di questo Paese, un problema peraltro di lungo termine. A parte gli interventi delle ultime settimane, prestiti e contributi a fondo perduto, da questo momento in poi ogni sforzo deve essere finalizzato all’aumento della produttività: infrastrutture, trasporti, Pubblica amministrazione. Da qui bisogna partire, dalla capacità produttiva, senza stare sempre a porci il problema della domanda.
Non ci stiamo dimenticando le tasse? L’ultimo decreto, quello Rilancio, ha bloccato l’Irap. Almeno per quest’anno…
Attenzione all’illusione che le risorse nascono dal nulla, mi pare pericolosa. I tagli alla tassazione stanno in piedi solo se si taglia la spesa corrente, altrimenti non si va da nessuna parte. Se il governo vuole ridurre le tasse cominci a togliere Quota 100 che incide sulla spesa corrente. Poi ne parliamo. Ogni prolungamento di Quota 100 è un aumento della spesa pubblica.
Lei spesso afferma che è meglio tagliare l’Imu piuttosto dell’Irap, che grava sulle imprese. Perché?
Tanto per cominciare l’Irap è già stata ritoccata al ribasso, dal governo Renzi. E poi tutto ciò che è tassazione su seconde e terze case non viene toccato dal 2012, quando ci fu il passaggio da Ici a Imu. Sono otto anni, non è poco. Si pensa lasciando l’Imu che i ricchi piangano, ma nessuno ha detto che se vuoi tagliare le tasse prima o poi devi toccare anche il mattone.
Tre cose di cui negli Stati generali non si potrà non tenere conto.
Evitare ogni prosecuzione di Quota 100, riavviare il settore immobiliare e investire in ricerca e sviluppo, in tutto il Paese.
Puglisi, oggi l’Ocse ha invitato l’Italia ad accettare il Mes. Eppure il nostro Paese sembra indugiare ancora. Ma perché?
Ritengo che il problema sia nel Movimento Cinque Stelle, dove ci sono molti esponenti nostalgici dei tempi della Lega sovranista e forse non troppo ferrati in economia. L’origine del problema politico sul Mes è proprio lì. Il Mes sanitario serve sicuramente, ma forse non è il caso di chiedere tutti i soldi insieme, magari una parte. Ma senza pregiudizi ideologici, sia chiaro.
Rimaniamo in Europa. L’altra grande partita è il Recovery fund. Alcuni Paesi, come l’Austria, non sono d’accordo. Hanno paura che l’Italia e altri Paesi non riescano a rimborsare i prestiti concessi. Visto il momento e l’urgenza però, non le sembra inopportuno tutto questo timore?
Il Recovery fund è il primo tassello di un bilancio europeo più ampio, chi riceve più soldi è quello che rischia di più, è evidente. Non è questione di paura è che dinnanzi a tutto questo non bisogna essere miopi.