“Siamo profondamente preoccupati per la presenza di mercenari russi nel campo petrolifero di Sharara”, dice una nota della Noc, la società nazionale che si occupa del petrolio in Libia – ente che ha sempre garantito terzietà nei confronti dello scontro tra governo onusiano con sede a Tripoli e la milizia comandata dal signore della guerra Khalifa Haftar, con sede in Cirenaica.La questione “petrolio” è stata da sempre in cima all’agenda russa, e nel dialogo tra Wagner e haftariani. Secondo la Noc, i miliziani – con ogni probabilità appartenenti al Wagner Group, una società privata russa schierata in Libia come altrove per conto del Cremlino – si sono uniti alle forze haftariane che per cinque mesi hanno tenuto chiuso l’impianto.
Era un tentativo di strozzare Tripoli, il cui sistema economico dipende dal petrolio (e dunque avrebbe messo in difficoltà il governo di Fayez Serraj nel provvedere alla spesa pubblica). Per alcuni giorni, dopo la ritirata dal fronte tripolino degli haftariani, il campo pozzi situato nel deserto di Murzuq – di proprietà della spagnola Repsol – è ripartito, ma poi è stato chiuso di nuovo. Giovedì notte, un convoglio di pick-up con a bordo i russi, contractor militarmente qualificati, è entrato nei cancelli dell’impianto e si è accordato per occuparlo con le guardie della Petroleum Facilities Guard. La Pfg è una milizia che controlla molti campi in Libia e che dopo vari cambi di casacche (a secondo della convenienza) dal luglio 2019 è schierata con gli haftariani.
Intanto a Sirte, cuore delle dinamiche politico-diplomatiche e militari dell’attuale fase del conflitto, sarebbero arrivati altri rinforzi russi. Per il governo onusiano Gna, Mosca avrebbe schierato sistemi terra-aria e “undici aerei da carico russi sono atterrati alla base di Ghardabiya, a sud di Sirte”, e “gli aerei russi hanno portato mercenari, armi e munizioni siriane”. La città della Libia centrale sul golfo omonimo è da settimane assediata dalle forze del Gna assistite dai turchi. Ankara ha ripetuto anche ieri che Tripoli ha in mente di arrivare a una trattativi per la resa, senza spingere una riconquista massiccia. Il Cairo nei giorni passati l’ha considerata una linea rossa che farebbe scattare un intervento militare egiziano.