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Turchia-Libia-Italia. L’incontro di Di Maio ad Ankara e gli spazi politici per Roma

Con un op-ed sulle pagine di Repubblica, il capo del Consiglio presidenziale libico, il primo ministro Fayez Serraj, lancia la sua idea di un “meccanismo per una nuova costituzione”. Il percorso passerà attraverso la creazione di un “Forum libico”, da cui “lavorare a una soluzione politica” e dare inizio operativo a una futura fase elettorale, con cui rinnovare il parlamento e poi scrivere la carta – una road map in buona parte anticipata da Formiche.net grazie agli insights forniti da Daniele Ruvinetti, che sottolineava come rappresenti un’alternativa, operative e onusiana, alla Dichiarazione del Cairo per la stabilizzazione libica.

Serraj spiega anche che “la nostra linea è mutata: da difensiva è diventata offensiva e non ci fermeremo finché tutti i residui di questa scellerata milizia (le unità che rispondono agli ordini del signore della guerra dell’Est, Khalifa Haftarndr) non torneranno da dove vengono e ai libici sarà data infine l’opportunità che meritano di prosperare all’interno di un contesto democratico”. E poi ringrazia apertamente la Turchia, motore dello sconvolgimento tattico che ha permesso al Gna – il governo onusiano guidato da Serraj – di passare alla fase di riconquista con successo.

“Forte apprezzamento” e “profonda gratitudine” espressi nei confronti di Ankara, “esemplare nell’intraprendere misure concrete contro l’aggressione”. E qualche critica a Stati Uniti, Regno Unito, Italia e Algeria, a cui – ricorda Serraj – era stato chiesto supporto ottemperando agli “accordi di sicurezza conclusi da quando ho assunto l’incarico” (noi libici, aggiunge il primo ministro, “ci riserviamo il diritto di difenderci dal momento che l’Onu non ha intrapreso alcuna iniziativa concreta per bloccare l’offensiva di Haftar”).

La sottolineatura sul ruolo turco è un elemento imprescindibile quando attualmente si affronta il dossier libico. In un commento per la Stampa, il presidente dell’Ispi, Giampiero Massolo, scrive che nell’interesse strategico italiano non conviene il potenziale stallo della situazione e una ripartizione del paese in cui la Turchia avrebbe la Tripolitania, e la Cirenaica andasse alla Russia (e l’Egitto con gli Emirati, tutti sponsor prima della regione orientale e poi, in ordine consequenziale, haftariani).

Una serie di “iniziative bilaterali” sarebbero necessarie per Roma. Innanzitutto “verso la Turchia”, suggerisce l’ex diplomatico e massimo funzionario dell’intelligence italiana, “per puntellare comunque le nostre posizioni a ovest, dove Eni è il primo produttore e fornitore di energia”. Ma anche nei confronti di Russia ed Egitto a Est, continua, per “non perdere terreno”. E con Berlino e Parigi, e verso Washington “per non lasciare il suo possibile ri-coinvolgimento in Libia solo in mani altrui”.

Da tempo, per esempio, proprio la Turchia lavora in Libia per ingraziarsi gli americani, cercando di fare da peso nel bilanciamento nei confronti dei russi a Est. Giovedì il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha annunciato che a breve ci saranno incontri di carattere ministeriale esteri-difesa con gli americani per parlare del dossier e del tema allargato del Mediterraneo.

L’Italia è nella partita? Certamente, e “può sfruttare la capacità di parlare con entrambi i fronti”: un valore aggiunto anche in ottica americana, commenta in forma discreta una fonte da un’ambasciata europea in un paese nordafricano. Sul posto, l’Italia viene vista come il Paese tra quelli europei con la posizione più solida sulla Libia, nonostante la percezione sembri diversa: anche su queste colonne, è stato sottolineato come l’equidistanza rischiasse di essere equiparabile ad ambiguità, una percezione che parte dei libici – anche tra il Gna – mantengono, anche per stuzzicare un ruolo più attivo di Roma.

Oggi ad Ankara, Cavusoglu ha ricevuto l’omologo Luigi Di Maio, dopo che la visita prevista per mercoledì era saltata all’ultimo minuto, quando il turco s’era recato a Tripoli alla guida di una folta delegazione di altissimo livello. “La nostra priorità è quella di mettere la parola fine al conflitto in Libia. Stiamo superando una crisi globale senza precedenti e non possiamo permetterci una ulteriore escalation. Sempre a testa alta, consapevoli delle nostre potenzialità. Siamo l’Italia e ne siamo orgogliosi”, ha scritto Di Maio anticipando l’incontro su Facebook.

Tra Italia e Turchia i rapporti sono attivi: l’interscambio da 18 miliardi annui è un ottimo piano di partenza per due paesi che non hanno economie forti (problema sostanziale sopra alle ambizioni espansionistiche turche). “Stiamo lavorando per contrastare la crisi economica derivante dalla pandemia”, commenta Di Maio. E la Turchia – attore che potrebbe essere parte anche del de-coupling americano nei confronti della Cina – potrebbe essere un punto di appoggio. Ankara ha usato gli spazi concessi dalla crisi sanitaria per proiettare la propria politica estera, anche usando la Nato come vettore (circostanza che l’ha esposta alle critiche francesi ma anche a una maggiore attenzione americana).

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