I nodi tra governo e Autostrade stanno per arrivare al pettine. Domani, salvo clamorosi dietrofront, sul tavolo del Consiglio dei ministri finirà la revoca delle concessioni ad Autostrade, mai così vicina a quasi due anni dalla tragedia del Morandi di Genova. Privare delle concessioni la società controllata dalla famiglia Benetton avrà dei costi, alcuni fissi (indennizzi), altri variabili (esito del contenzioso e ricadute dal possibile fallimento della stessa Autostrade). Ma al governo, dice a Formiche.net, Roberto Zucchetti, docente di Metodologie di valutazione delle infrastrutture alla Bocconi, non devono aver fatto troppo bene i calcoli. Questo succede quando si fa del giustizialismo la quintessenza della politica industriale.
Professore, una revoca della concessione ad Autostrade sembra imminente. Ma non sarà a costo zero. Anzi…
La convezione tra Stato e Autostrade prevede due modalità di chiusura: la decadenza e la revoca. La prima avviene quando una delle due parti è inadempiente, in questo caso viene meno la convenzione. La revoca invece è un atto volontario e qui le indennità sono molto più gravi. Ora, il governo ha detto di essere intenzionato a revocare la concessione e questo costerà in termini di indennizzo 7 miliardi. Ma visto che c’è un ricorso della stessa Autostrade contro la norma del Milleproroghe che riduceva l’indennizzo, se il Tribunale darà ragione alla società allora lo Stato dovrà pagare molto di più. Senza considerare gli altri costi, anche sociali.
Ma non le sembra allora un autogol togliere la concessione senza badare ai costi che questo comporta?
Il fatto è che tutta la questione, che ancora oggi mi sembra molto pasticciata, nasce da una martellante campagna di opinione, basata sulla voglia di punire i Benetton a tutti costi. Ma in uno Stato democratico, chi decide sulle punizioni non è il governo ma la magistratura. La quale sarà lenta, ma arriverà. E se non vogliamo aspettarla, il governo con un atto unilaterale revoca la concessione, esponendosi a dei rischi, che partono dagli indennizzi e arrivano al destino dei dipendenti.
Molti analisti hanno fatto notare come una revoca della concessione ad Autostrade comporterebbe il default della stessa…
In realtà c’è un costo che più di tutti merita di essere menzionato: la nostra credibilità dinnanzi agli investitori internazionali. C’è di mezzo il Paese. Mi spiega chi viene a fare investimenti quando un governo cambia in modo unilaterale la convenzione? E poi scusi, ma vogliamo parlare del fatto che qui si sta ragionando non sulla qualità e sull’operato di un management ma sul livello di gradimento di un azionista? Non esiste che il gradimento di un azionista, i Benetton, rientri nelle valutazioni di un governo sul destino di una società. L’ho sempre detto e lo ripeto, questa è una situazione anomala che rischia di farci perdere credibilità internazionale.
Al governo secondo lei si sono posti il problema del dopo-revoca?
Io registro questo: ad oggi il governo non ha chiarito come intende gestire la situazione all’indomani di una possibile revoca. Mi spiego, Autostrade perde le concessioni, i lavoratori che perdono il lavoro, in Italia le infrastrutture danno lavoro a 25 mila persone, vengono riassunti? E dove? E da chi? Dall’Anas? E con quale contratto? E i debiti in pancia ad Autostrade? Non si sa, c’è solo un gran parlare ma atti concreti in questo senso, che indichino una strada, non ce ne sono.
Mi scusi ma il gioco non sembra valere la classica candela…
Sono stati personalizzati dei problemi, esponendoci a dei problemi enormi. E poi si crea un precedente. Oggi i Benetton e domani? E l’Italia ci rimette solo perché il governo ha personalizzato una decisione di una simile portata. Questa è l’anticamera di qualcosa di poco democratico.
Lei crede ancora a un compromesso?
Sì. Ho qualche anno e ho capito una cosa: che quando si strepita molto vuol dire che si sta cercando una via d’uscita a base di compromesso.
Zucchetti, qualunque cosa succeda domani in Cdm, perdono i Benetton o lo Stato?
Quando ci si mette in queste condizioni in modo avveduto si perde sempre. Il guai è stato fatto subito dopo il crollo del Morandi. Una cosa è certa: se revoca sarà avrà vinto il giustizialismo, che avrà corso più veloce della giustizia, quella vera però.