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Il bicchiere mezzo vuoto (e mezzo pieno) della partita di Autostrade. La versione di Colli (Bocconi)

Sono ore decisive per la partita governo-Autostrade. A ore (c’è tempo fino a martedì) arriverà sul tavolo del governo la controproposta uscita dal board della controllata di Atlantia, tenutosi questa mattina. Un rilancio con cui evitare in extremis la revoca della concessione sull’intera rete autostradale. I dettagli della proposta formulata dalla società partecipata all’88% dalla holding Atlantia a sua volta controllata da Edizione, cassaforte della famiglia Benetton, non sono ancora chiari e definitivi.

Ma a grandi linee però la proposta, che varrebbe fino a 11 miliardi, dovrebbe essere strutturata su due pilastri: una riduzione delle tariffe e un robusto piano di investimenti sulla rete già anticipato da Autostrade da una una parte e, la mossa che politicamente vale di più, la cessione del controllo di Aspi da parte della famiglia veneta, diluendo la quota di Atlantia in Autostrade sotto il 51%, lasciando spazio a un investitore pubblico che dovrà sottoscrivere un aumento di capitale. Formiche.net ha sentito l’economista e docente di Storia economica alla Bocconi, Andrea Colli, autore di saggi sui Benetton.

FINALMENTE UNA SOLUZIONE

“Il dato odierno è che finalmente si sta dando un po’ di certezza a due anni di caos e questo è un qualcosa di positivo. Dopo tanto tira e molla il risultato è che Autostrade oggi fa molta fatica ad andare sul mercato e raccogliere del denaro, proprio a causa dell’incertezza, dunque la società si è indebolita in questi anni. Ora, forse, si sta per raggiungere una soluzione, qualunque essa sia”, spiega Colli. “Il compromesso cui si sta lavorando fornirà sicuramente un orizzonte stabile agli investitori, che in questi anni non hanno avuto certezze sul futuro di Atlantia e di Autostrade. Il governo non può perdere la faccia, questo è chiaro. La revoca della concessione sarebbe certamente un guadagno politico ma farebbe male a tutti: Autostrade, come Atlantia, non è solo dei Benetton, ma anche di azionisti e risparmiatori minori”.

IL REBUS DEL FUTURO

Ora che però la soluzione si avvicina, che cosa sarà della rete autostradale? Con i Benetton verso la diluizione, chi sosterrà gli investimenti necessari alla manutenzione delle infrastrutture viarie? Colli solleva delle incognite. “Mi chiedo quali siano i piani del governo e chi possa entrare nel capitale al fianco di Atlantia. La stessa Anas non mi pare pronta a sostenere questi investimenti. Oppure si rimette la quota che fu di Atlantia e la si mette sul mercato, ma chi la prende? Non credo ci sia la fila per investire, soprattutto a questi prezzi”. Non è tutto. “Qualunque operazione avvenga non bisognerà mai dimenticare che al netto dei Benetton qui ci sono di mezzo azionisti e altri investitori, estremanete sensibili a questo tipo di cambiamento, ora in essere”.

TRA PUBBLICO E PRIVATO

La società Autostrade che verrà, come detto, non sarà più privata, ma con ogni probabilità avrà un capitale misto pubblico-privato. Con Atlantia sotto il 51% è facile intendere una robusta presenza dello Stato. Ma funzionerà? “Non lo so, è difficile dirlo. Il punto è capire chi mette i miliardi dell’aumento di capitale cui seguirà la diluizione degli attuali soci. La discesa di Atlantia è il prezzo politico, ma al netto di questo dobbiamo capire come saranno gli equilibri: una convivenza forzata dove lo Stato entra per immagine politica e il privato fa il lavoro sporco? E se Atlantia invece manterrà scenderà ma mantenendo il 51%, il governo dovrà spiegare agli italiani perché ha messo miliardi in una società che rimarrà sotto il controllo dei Benetton”.

 

 

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