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Banca mania. Perché Bce e sindacato borbottano. L’analisi di Laner

Il piano industriale di Ubi attira le attenzioni, poco benevole, di Bce e sindacati. Il nuovo piano industriale della banca, presentato venerdì 3 luglio in contemporanea al no del Cda della ex popolare guidata da Victor Massiah all’offerta di Intesa Sanpaolo, prevede utili in calo ma anche dividendi extra per gli azionisti.

Nel prossimo triennio 840 milioni, quindi 330 milioni in più rispetto al precedente piano. Una remunerazione generosa che ha fatto suonare un paio di allarmi a Francoforte. Il nuovo piano industriale, di fatto una strategia per resistere all’offerta del gruppo guidato da Carlo Messina, non è stato concordato con la Banca centrale europea. E con tutta probabilità – queste le indiscrezioni che circolavano ieri – la Bce non lo avrebbe fatto passare, visto che gli azionisti devono valutare un’altra offerta e non è chiaro quale sia il “tesoretto” con il quale Ubi intende finanziare la remunerazione.

A sollevare altri dubbi sul piano è stato il segretario generale della Fabi, principale sindacato dei bancari, Lando Maria Sileoni. Senza entrare nel merito del no del Cda di Ubi all’offerta di Intesa (peraltro previsto), il sindacalista si sofferma sui “2.000 esuberi al netto di 1.000 assunzioni” previsti dal piano. “Così come è stato formulato, significa che ci saranno 3.000 fuoriuscite e 1.000 assunzioni con un rapporto di uno a tre. La nostra posizione sull’argomento è chiara da sempre e la ribadiamo: il rapporto deve essere di uno a due, cioè una assunzione ogni due fuoriuscite volontarie”.

La Fabi, insomma vuole difendere uno dei capisaldi delle relazioni industriali nelle banche (un turnover più che generoso rispetto agli altri settori). E sembra voler dire: il tesoretto dal quale attingere dividendi extra per gli azionisti di Ubi nei prossimi tre anni, non potrà essere finanziato dagli esuberi.


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