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L’Italia alla rincorsa del digitale. Il Libro bianco del Ced

Dalla cybersecurity alla digitalizzazione della Pa, dall’Internet of Things ai nuovi modelli di business e all’alfabetizzazione dei cittadini. Tutto per una rivoluzione digitale che può impattare sulla nostra economia per 160 miliardi di euro. Un treno che l’Italia non può perdere, specialmente ora che sul Paese stanno per piovere i miliardi del Recovery Fund. Ma per non perderlo servono idee chiare per capire dove e come investire. E comunque, alla luce dell’esperienza del primo lockdown della storia, che programmazione e che idea di sviluppo abbiamo di fronte?

Un aiuto in questo senso può arrivare senza dubbio dal Libro Bianco sull’Economia Digitale, realizzato dal Ced, il Centro Economia Digitale fondato da Rosario Cerra, e presentato questa mattina presso la Regione Lazio, alla presenza di alcuni tra i maggiori top manager di imprese italiane, soprattutto partecipate, rappresentative del nostro sistema industriale. Obiettivo, indagare per la prima volta in maniera sistematica e analitica lo scenario della digitalizzazione nel nostro Paese per imprimere un’accelerazione allo sviluppo di un’Italia digitale su cui fondare la ripartenza e una crescita economica duratura e sostenibile. Tra i presenti, moderati dal direttore dell’Ansa, Luigi Contu e oltre al presidente del Ced Cerra, il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, i ceo di Leonardo, Alessandro Profumo, di Eni, Claudio Descalzi, di Open Fiber, Elisabetta Ripa, di Tim, Luigi Gubitosi e della Rai, Fabrizio Salini. Presenti anche, Antonio Parenti, capo rappresentanza – Rappresentanza in Italia della Commissione Europea e Danilo Cattaneo, ceo di Infocert mentre per Enel era presente Carlo Bozzoli direttore della Funzione Global Digital Solutions di Enel.

ALLA RICERCA DI UN’ITALIA DIGITALE

La “digitalizzazione è un’azione strategica per la crescita della nostra industria e del nostro Paese”, è stata la premessa di Cerra. “Un nuovo miracolo economico è possibile, resta da capire se questo miracolo l’Italia sarà in grado di afferrarla. Abbiamo dinnanzi la possibilità di una ricostruzione industriale, ma dobbiamo capire dove investire. Il libro fornisce delle risposte in merito: 85 proposte per indicare i settori chiave su cui dirottare le risorse”, ha spiegato il numero uno del Ced.

Palla colta al balzo dal ministro Patuanelli, il quale ha espresso l’intenzione di convocare a breve un tavolo sul digitale con le partecipate dello Stato e non solo. “Occorre definire la policy di governo sul come da un lato stimolare la domanda e dall’altro costruire l’economia digitale. Tutto deve essere portato a un tavolo di discussione che mi prometto di convocare a breve con le partecipate dallo stato ma non solo quelle per discutere sul come mantenere alta la catena del valore e rafforzare la filiera”. C’è un elemento di questo momento storico che stiamo vivendo che va valutato in maniera positiva ed è quello dell’accelerazione dei processi. Abbiamo la possibilità di fare cose che fino a sei mesi fa erano impensabili”.

LA PARTITA PER LA FIBRA

Naturalmente, una digitalizzazione del Paese non può prescindere salto di qualità nella banda larga. Su questo ha detto la sua Elisabetta Ripa, numero uno di Open Fiber, il player pubblico per la fibra in Italia. “Il Covid ha accelerato tutti i processi e ci troviamo oggi di fronte alla necessità di dotare il Paese in modo rapido ed efficace di una infrastruttura abilitante per la rivoluzione digitale”. Ripa ha evidenziato come “solo 4 mesi fa ci si chiedeva se fosse necessario il passaggio dal rame alla fibra e se questo fosse uno degli obiettivi di medio termine. Oggi credo sia chiaro a tutti, non solo agli addetti ai lavori, che è non solo necessario innovare una rete e una infrastruttura d’accesso che ha più di 70 anni con una rete d’accesso interamente in fibra ma anche che questo debba avvenire in tempi brevi e accompagnato da una rapida adozione di queste tecnologie che sono già disponibili su un terzo del Paese”.

In tre anni “abbiamo portato la fibra in 8,5 mln abitazioni. Oggi siamo in 150 città ed è possibile avere i servizi in fibra abilitati da Open fiber e diventeranno 200 a fine anno e analogamente stiamo lavorando su aree che non erano di interesse degli operatori perché dobbiamo ricordarci che dobbiamo recuperare anni di ritardi accumulati dal paese nel passato, anni caratterizzati da investimenti limitati inferiori a media europea”.

UN PATTO PUBBLICO-PRIVATO

Luigi Gubitosi, numero uno di Tim, ha proposto un patto pubblico privato per superare il ritardo nel digitale. “Noi, pubblico e privato, dovremmo fare un patto per superare il ritardo nel digitale confermato per l’Italia dall’indice europeo Desi (l’indice che monitora la competitività digitale, ndr). Per Gubitosi “l’obiettivo dovrebbe essere ‘la grande rimonta’ detto con un titolo cinematografico e l’attività di Tim è tutta volta a promuoverla. Per Tim c’è una grande rimonta”. Nel frattempo,  ha ricordato Gubitosi, Tim entro fine anno avrà installato tra i 14 mila e i 15 mila armadietti stradali nelle aree bianche, quelle a fallimento di mercato, ancora non raggiunte dalla banda ultralarga.

A TUTTO DIGITALE

Uno sguardo di insieme è arrivato infine da Alessandro Profumo, per il quale “la pandemia ha portato la necessità di ripensare al nostro concetto di sicurezza digitale in funzione delle infrastrutture e dei comportamenti delle persone: il Covid-19 ha infatti aumentato molto le superfici esposte ad attacchi cyber a causa della costante creazione di nuove connessioni. In un mondo in costante movimento la nostra società si propone come soggetto nazionale per sostenere il paese e la sua indipendenza digitale”. Ciò, ha spiegato il numero uno di Leonardo, “porterebbe vantaggi per tutti perché contribuirebbe a creare un sistema molto più resiliente. “Il nostro ruolo è quello di far crescere il sistema industriale del paese sfruttando anche le opportunità offerte dal digitale: ridisegnando si creano opportunità e capacità di crescere”.

Il numero uno di Eni, Descalzi ha sottolineato come “i processi digitali e di dati hanno portato Eni ad avere una grande cultura sul digitale, tutta la parte operativa di Eni oggi è digitalizzata, permettendoci così di controllare tutti gli asset del gruppo. Il Covid ha permesso a Eni di sperimentare tutte le sue potenzialità”. Fabrizio Salini, ceo della Rai, si è mantenuto sulla scia di Descalzi, illustrando “i cambiamenti del modello produttivo della Rai, dal momento che il lockdown ha accelerato certi processi, abbiamo dovuto in qualche modo ripensare la nostra offerta, affiancando all’analogico una robusta offerta digitale”. L’ultimo intervento è stato affidato a Bozzoli (Enel). “In Italia c’è bisogno di un forte rinnovamento strutturale e infrastrutturale e l’unico modo per raggiungerlo è mettere a sistema le nostre competenze, con un approccio che sia sostenibile e inclusivo al tempo dello stesso. In Enel abbiamo rinnovato le nostre infrastrutture, rendendole più resilienti, con investimenti legati al digitale e verso una maggiore elettrificazione dei consumi. Dando così una forte spinta all’economia del Paese”.

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