L’Eur è il più bel quartiere d’Europa, un’esperienza urbanistica di grande pregio, un’invenzione rigeneratrice del perenne fascino di Roma. Ha standard di verde tra i più alti a confronto delle grandi capitali europee. Conserva il fascino dell’architettura degli anni ’40, ma ha conosciuto il suo sviluppo più organico e impegnativo negli ultimi decenni. È dunque un biglietto da visita che illustra le qualità di una Roma dinamica, nonostante il carico di memoria e tradizioni.
In questi giorni si discute il rinnovo del consiglio di amministrazione della società per azioni (90% ministero dell’economia, 10% Comune di Roma) che gestisce il patrimonio immobiliare e alcuni servizi (ad esempio la cura del Laghetto) a livello territoriale. Tra i servizi, in prospettiva, un peso crescente sarà costituito dal comparto turistico-congressuale. La Nuvola, realizzata da Massimiliano Fuksas, rappresenta la punta di diamante di questa decisiva realtà economic che l’epidemia ha messo in ginocchio.
L’idea di chiamare Fuksas, archistar molto nota oltre i confini d’Italia, alla guida di tale struttura (Eur spa) a grande impatto territoriale, non può essere intesa come una intrusione nel campo riservato al duopolio di Governo e Comune di Roma. In questa fase, lo sforzo che la politica deve compiere, ben oltre la pur necessaria “flessibilizzazione” dei rapporti tra maggioranza e opposizione, sta nel ricercare ogni spunto che possa favorire un rilancio d’immagine del nostro Paese. Non possiamo fare credito alla rappresentazione di un “sistema Italia” perniciosamente bloccato nel conteggio degli interessi corporativi e quindi nella mancanza di coraggio, di fantasia, di tensione progettuale.
Non è il momento di giocare al ribasso. L’opinione pubblica è preoccupata di come la classe dirigente si appresta ad affrontare i grandi nodi della ricostruzione economica del Paese. L’anno prossimo Roma eleggerà un nuovo sindaco e un nuovo Consiglio comunale: il cambiamento è nella realtà delle cose. Se la vicenda dell’Eur spa, ovvero della ridefinizione dei suoi organi di amministrazione, riesce ad evolvere nella direzione di questo bisogno di cambiamento, allora vuol dire che esiste adeguata cognizione della delicatezza del momento politico. Sprecare l’occasione, pensando di ridurre a modesta lottizzazione la nomina dei nuovi amministratori, darebbe un’impressione di sciatteria e iattanza. Chi chiama all’appello un professionista del rango di Fuksas, altro non fa che evocare, al di là della suggestione di una candidatura, la speranza legata a una strategia di mobilitazione morale e intellettuale, per riaccendere i motori di un’Italia desiderosa di tornare a crescere.