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Cyber attacco (top secret) o incidente? Cosa nasconde l’Iran su Natanz

Escono le prime, interessanti, informazioni da Teheran a proposito di quanto successo ieri nell’impianto nucleare di Natanz, nell’area desertica centrale dell’Isfahan, dove è scoppiato un incendio nel compound in cui si trova la principale struttura per l’arricchimento dell’uranio del Paese. Tre funzionari iraniani che hanno parlato in forma anonima con la Reuters sostengono che c’è il sospetto che si sia trattato di un attacco cyber. Sarebbe stato quello ad aver innescato il meccanismo che ha scatenato le fiamme, ma non hanno fornito ulteriori dettagli. La vicenda di Natanz, sommata a quella simile avvenuta la scorsa settimana nella struttura nucleare di Parchin, aveva fatto subito presupporre che qualcosa di anomalo potesse essere successo. Qualcosa di più di “un incidente”, come il governo iraniano ha subito commentato i due fatti (e lo strano incendio avvenuto sempre nei giorni scorsi in un ospedale di Teheran). E la possibilità di un sabotaggio, anche per via informatica (con conseguenti fisiche), è la prima delle ipotesi del caso. L’Iran ha rapporti tesi con diversi attori regionali e non solo.

Dalle immagini circolate attraverso le open-source satellitari si ricostruisce la dimensione del danno: molto più esteso di quanto visibile dalle foto fatte circolare dall’agenzia atomica iraniana – che ieri ha diffuso un statement garantendo che tutto era successo senza alcun danno all’impianto, in quanto “l’incidente” era avvenuto in un edificio in costruzione. Oggi, al di là delle spifferate raccolte dalla Reuters, il governo ha già cambiato leggermente linea spiegando che quanto successo al Natanz Fuel Enrichment Plant era coperto da “motivi di sicurezza”. Secondo una delle fonti dell’agenzia britannica, “l’attacco” (di questo si parla) inoltre non avrebbe colpito un semplice edificio in costruzione, ma il nuovo stabilimento in cui vengono assemblate le centrifughe usate per l’arricchimento. Gli altri due informatori hanno suggerito che dietro all’azione potrebbe esserci Israele – la scorsa settimana sulla IRNA, l’agenzia di stampa statale, era stata pubblicata un’analisi sulla possibilità che americani e israeliani portassero a termini operazioni cyber contro l’Iran.

È d’altronde già successo in passato: il caso più eclatante fu Stuxnet, un malware già usato per sabotare le centrifughe del programma nucleare iraniano proprio a Natanz, una decina di anni fa. Nell’articolo di IRNA l’uso di attacchi cyber viene considerato “una linea rossa” che si sarebbe portata dietro delle “reazioni”. La situazione attorno a Teheran è sempre delicata. La Repubblica islamica soffre una crisi economica (aggravata dal coronavirus) anche perché l’accordo sul nucleare del 2015, il Jcpoa, non ha portato i frutti previsti. Teoricamente avrebbe dovuto riavviare le capacità commerciali del paese, eliminando le sanzioni, ma l’uscita uniltarerale americana del maggio 2018 ha riportato in essere tutte le misure sanzionatorie contro l’Iran, e i paesi europei firmatari non hanno creato delle contromisure di salvaguardia dell’intesa. Teheran, per protesta, ha da quel momento avviato delle violazioni controllate ai termini del Jcpoa, e contemporaneamente lanciato operazioni clandestine nella regione, mentre nel paese lo scontro tra pragmatici e conservatori si è riacceso (anche attorno al futuro dell’accordo e del nucleare).


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