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Gli Usa pagano il conto della pandemia. Pil a -32,9%

Oggi, nel giorno in cui per la prima volta il presidente Usa Donald Trump ha lanciato apertamente su Twitter l’idea di rinviare le elezioni presidenziali e per il rinnovo di una parte del Congresso in programma il prossimo 3 novembre, con l’obiettivo a suo dire di scongiurare il rischio di brogli nel voto postale, è arrivato un dato che non capita di leggere tutti i giorni. Il prodotto interno lordo degli Stati Uniti è crollato nel secondo trimestre del 32,9%, performance lievemente migliore della flessione del 34,7% attesa dagli analisti ma pur sempre un calo del Pil americano senza precedenti per la sua severità. L’unico paragone possibile nella storia americana moderna è la Grande Depressione (1929) e la Seconda Guerra Mondiale, ovvero prima che iniziasse la raccolta dei dati ufficiale dal 1947.

Non può stupire che nel frattempo siano salite a 1,43 milioni le nuove richieste di sussidi di disoccupazione. Dato che segna un incremento di 12mila unità rispetto alla settimana precedente ed è il secondo aumento settimanale consecutivo dopo circa quattro mesi di flessione. I disoccupati negli Usa sono in tutto 17 milioni, in aumento di 867mila in una settimana

E pensare che proprio pochi giorni fa il Fondo monetario internazionale parlava di “danni economici collaterali enormi” per l’economia americana, prevedendo una contrazione economica del 37% nel secondo trimestre e del 6,6% nel 2020. Il Fondo notava come le famiglie più povere sono quelle sulle quali sta ricadendo il peso maggiore della crisi. Sono necessari, scriveva il Fmi, “ulteriori sforzi di bilancio per reagire alla pandemia e affrontare le profonde sfide sociali ed economiche che continuano ad affliggere gli Stati Uniti”. Ora, forse, più che mai.



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