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Le regole sui monopattini e la coscienza sociale. Le istruzioni di Celotto

Tra i fenomeni che hanno invaso le nostre città dopo la quarantena abbiamo anche i monopattini elettrici. Che ovviamente hanno una pedissequa disciplina normativa. Fino al 2019 erano vietati, poi è intervenuto il c.d. decreto Toninelli, cioè il decreto del MIT 4 giugno 2019 sulla Sperimentazione della circolazione su strada di dispositivi per la micromobilità elettrica. Perché in burocratese i monopattini si chiamano “dispositivi per la micromobilità elettrica”. La disciplina di Toninelli è stata ora prorogata al 2022 e poi è stata legificata dall’art. 33-bis del d.l. n. 162 del 2019.

Le regole sono chiare e rigorose:
– divieto di guida ai minori di anni quattordici
– obbligo dell’uso del casco per i minori di diciotto anni
– obbligo di reggere il manubrio sempre con entrambe le mani
– divieto di trasportare altre persone, oggetti o animali
– obbligo di procedere un’unica fila e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due
– divieto di superare i 25 Km/h sulla carreggiata delle strade e i 6 km/h nelle aree pedonali;
– obbligo di indossare il giubbotto retroriflettente o le bretelle retroriflettenti ad alta visibilità, in condizioni di scarsa visibilità
– obbligo di luci bianche o gialle anteriori e luci rosse e catadiottri rossi posteriori per le segnalazioni visive, in mancanza delle quali non possono essere utilizzati da mezz’ora dopo il tramonto.

Ovviamente esistono anche sanzioni per chi viola queste regole, con multe da 50 a 400 euro. Eppure… eppure basta guardare per pochi minuti i monopattini che sfrecciano in strada per vedere come queste regole siano, in pratica, quasi sistematicamente violate.

Noi ci lamentiamo spesso che abbiamo troppe regole e troppa burocrazia, ma non dobbiamo dimenticare che alla base c’è un problema sociale e culturale: la mancata consapevolezza di dover applicare le regole. Per indifferenza, pigrizia, indolenza. Non soltanto perché mancano i controlli.

Da ottimista, confido che aver introdotto nuovamente l’educazione civica a scuola possa servire proprio a questo: renderci tutti più consapevoli di dover rispettare il diritto. Come base della democrazia. E con cittadini più consapevoli, migliorerebbe anche la burocrazia.


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