È stata la ministro degli Esteri spagnola, Arancha Gonzalez Laya, ad annunciare che tra Turchia e Grecia si stanno muovendo passi per il dialogo. Parlava in conferenza stampa a margine della visita ad Ankara, e ha spiegato che il governo turco congelerà per un mese i piani di esplorazione energetica a largo di Kastellorizo, isola greca davanti alle coste dell’Anatolia recentemente tornata a essere oggetto della contesa con Atene.
Quello che dice Laya si allinea in una traiettoria di necessaria de-escalation e riavvio del dialogo greco-turco dopo giorni di altissime tensioni. Mercoledì 22 luglio infatti, una flottiglia turca si era avviata verso l’isolotto greco per scortare la “Oruc Reis”, la nave da rilievi geofisici inviata per valutare i dettagli dei reservoir su quel tratto di Mediterraneo Orientale. Acque su cui Ankara rivendica sfruttamento equo delle risorse (oltre che sovranità). Atene aveva risposto mettendo in stato di allerta la Marina, e una serie di prese di posizione internazionali erano subito seguite.
Da Berlino, la cancelliera Angela Merkel, aveva diretto un doppio giro di telefonate per evitare che la situazione scivolasse verso il peggio; Washington aveva chiesto massima attenzione; Parigi aveva preso (con Cipro ed Egitto) una posizione di condanna a quella che definiva una violazione turca delle acque continentali greche; Bruxelles, sia lato Ue che Nato, tremava. L’altissima tensione tra due Paesi membri dell’Alleanza Atlantica e partner nel contesto allargato dell’Unione, creava una sensibilità che attori esterni alla regione, come Russia e Cina, avrebbero potuto sfruttare.
“Abbiamo raggiunto un punto di flesso […] e questo è stato un utile dialogo per ridurre le tensioni esistenti”, ha dichiarato Laya che parlava a fianco a Mevlüt Çavuşoğlu, l’omologo turco. Ci sono due aspetti da sottolineare sulla situazione. Il primo riguarda l’atteggiamento turco: né riguardo al ritiro della flottiglia da Kastellorizo, né su quanto dichiarato dalla ministra spagnola, Ankara ha preso posizioni ufficiali – ma potrebbe essere anche una postura per non ammettere di dover frenare su un argomento che da tempo sembra essere di primo interesse per il governo turco.
Secondo, la necessità strategica. Laya l’ha detto molto chiaramente: è una situazione controproducente quella che si innesca per ragioni di politica interna senza tener conto delle stabilità internazionali. Le tensioni tra Grecia e Turchia, come accennato, creano una debolezza. Una faglia all’interno di un sistema geopolitico ambito come quello mediterraneo, e una spaccatura intra-Nato (e intra-Ue per certi versi) che correnti strategici spregiudicati come Pechino e Mosca potrebbero sfruttare per spingere ingerenze. Cina e Russia cercano le crepe nel sistema occidentale per creare i propri spazi strategici (non necessariamente sincroni e comuni).
(Foto: Twitter, @aranchaglzlaya, il ministeriale turco-spagnolo)