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Il 5G non vale una crisi di governo? L’interrogativo del prof. Mayer

L’articolo di Francesco Bechis sul 5G ha il merito di disvelare le crescenti difficoltà con cui il governo cerca di affrontare il tema della radicata presenza delle aziende cinesi (Wind 3, Zte, Huawei, ecc.) nel nostro Paese.

Sul piano tecnico-giuridico la posizione potrebbe (anzi dovrebbe) essere molto netta. Ben quattro leggi cinesi (sicurezza nazionale, controspionaggio, crittografia, cybersecurity) obbligano le imprese cinesi che operano all’estero a fornire tutte le informazioni di cui vengono in possesso alle autorità governative di Pechino.

Questi obblighi sono in palese contrasto con principi e norme della nostra Costituzione nonché del Diritto dell’Unione europea. Dunque – ben al di là delle eventuali vulnerabilità tecnologiche – la valutazione del Cisr tecnico (organo interministeriale guidato dal Direttore del Dis) a cui spetta il parere tecnico sulla affidabilità delle aziende (telco e digitali) non può esimersi dal considerare il contesto geografico di provenienza come potenziale rischio specifico.

Nel caso appena esposto, la Cina – è evidente che è difficile certificare la sicurezza informatica di un operatore o di un vendor quando per disposizione normativa di uno Stato terzo l’esfiltrazione di dati è un obbligo per le aziende.

Il tema non sono pertanto i possibili ricorsi a cui accennano le fonti consultate da Bechis. Il vero tema si sposta sul terreno squisitamente politico: il 5G non vale una crisi di governo? Bene;, 5 Stelle e Pd la smettano di scaricare sulle strutture ministeriali e di Intelligence i loro contrasti. La repressione del dissenso, 5G, Hong Kong, Uiguri e quant’altro non possono “disturbare il manovratore”.

La politica di apertura senza condizioni alla Cina inaugurata dal governo Conte I sta continuando con il Conte II. Niente di strano. Il 5G e la Via della Seta non sono certo l’unico settore in cui Beppe Grillo e i 5 Stelle dettano l’agenda di governo.

Certo per Zingaretti è dura spiegare ai giovani del suo partito perché il Pd non solidarizza con gli studenti di Hong Kong.



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