Mario Draghi il pragmatico, ma anche il visionario. Peccato che la politica italiana non farà tesoro della lezione arrivata questa mattina dal Meeting di Rimini, dove l’ex alunno del Massimo diventato presidente della Bce e oggi oggetto di un corteggiamento bipartisan per il Quirinale o Palazzo Chigi. Un’altra occasione persa, forse, dice a Formiche.net Marco Bentivogli, fino al giugno scorso leader dei metalmeccanici Cisl, tra i sindacalisti meno miopi ai grandi cambiamenti globali in circolazione.
Bentivogli, l’intervento di Draghi questa mattina era molto atteso. Impressioni?
L’ho trovato un intervento molto forte nei contenuti, tradito dal garbo dei toni. Un intervento che ha cercato di trasmettere una visione che oggi manca alla politica italiana.
Quale visione?
Che al di là degli strumenti emergenziali messi, giustamente, in atto finora, Draghi ha invitato a un allargamento del campo d’azione, auspicando la possibilità di ricorrere a interventi straordinari e di ampio respiro con il massimo livello di trasparenza e partecipazione purché ci sia chiarezza di obiettivi. Poi c’è stato un tema più forte degli altri.
Sarebbe?
Il passaggio sulle nuove generazioni. Draghi ha lanciato un siluro contro l’avanzata della nuova povertà educativa, affermando che le politiche di breve periodo altro non sono che un qualcosa finalizzato a incassare un dividendo elettorale ma poi alla fine si scaricano sulle nuove generazioni perché fanno debito senza porre i presupposti per la crescita.
Un passaggio forte Draghi lo ha voluto riservare ai sussidi, che tamponano l’emorragia ma non curano…
Concordo, il Paese ha bisogno di crescita e di ripartenza e di una visione strutturale, una crescita nel rispetto nell’ambiente e della persona, che non mortifichi ambedue le cose.
Bentivogli, da Draghi messaggi forti e non certo banali. Domanda da un milione, la politica ci sentirà o qualcuno farà orecchie da mercante?
Ho i miei dubbi. Leggendo il dibattito odierno che oscilla tra le fake news sui migranti untori e sulle querele per Bibbiano, nutro perplessità. Credo che però sia inevitabile affrontare certi problemi. Draghi stesso parla di tre virtù necessarie ad essere gruppo dirigente: coraggio, umiltà e conoscenza. Inoltre afferma di dover decidere sui fatti e non sulle proprie convinzioni con il coraggio di decisioni impegnative e l’umiltà di non ricoprire un ruolo per se stessi.
Un’accusa alla nostra politica?
In parte senza dubbio. Tre virtù che sono tre colpi alla politica, che vive nel ricatto del breve termine. Sono tre virtù che negli ultimi decenni sono mancate. E il quadro non sembra migliorare.