Cartellino rosso. Confindustria mette in mora il governo Conte bis, di nuovo. Con una lettera ai presidenti delle associazioni confederate a cento giorni dalla sua elezione, il presidente Carlo Bonomi fa un quadro delle misure messe in campo da Palazzo Chigi per rilanciare l’economia italiana tutt’altro che roseo. E cita, ben due volte, l’intervento al meeting di Rimini (Bonomi era in prima fila) dell’ex presidente della Bce Mario Draghi che in tanti tirano per la giacchetta per subentrare a Conte.
La “forte criticità di fondo” espressa da Viale dell’Astronomia in questi mesi sulle misure del governo, dice Bonomi, è rimasta “sin qui irrisolta”.
“L’incertezza del Paese, richiamata efficacemente il 18 agosto da Mario Draghi, è figlia della mancanza di una visione complessiva, basata su chiare priorità strategiche e su scelte conseguenti e necessarie per il decollo del Paese”.
“Numerosi interventi specifici”, “bonus frammentati”, “nuovi fondi accesi presso ogni ministero”. Questi, dice Bonomi, “non sono certo stati la risposta articolata ed efficace che ci aspettavamo”.
Due i j’accuse scagliati da Confindustria al governo. Il primo affondo tocca l’apertura delle scuole. Bonomi parla al ministro Lucia Azzolina e dice: “In una settimana siamo passati da A casa solo la classe interessata, poi a chiuso l’intero istituto, infine a si valuterà volta per volta”.
L’altra stoccata è rivolta alla gestione della pandemia e dei nuovi picchi di infezioni. Nel mirino c’è l’app Immuni sponsorizzata dal ministro dell’Innovazione Paola Pisano. “Milioni di italiani non si fidano e non l’hanno scaricata”, accusa l’ex numero uno di Assolombarda.
Ma la lista di bocciature è molto più ampia. Sono racchiuse in una frase: “Tutti i provvedimenti messi in campo in questi mesi, che hanno impegnato risorse ingenti per circa 100 miliardi di euro, non hanno sciolto alcun nodo che imbriglia la crescita del nostro Paese”.
Semplificazioni, “non tutto quanto contenuto nei decreti si è ancora scaricato a terra, siamo alla fine di agosto e molte delle misure introdotte hanno efficacia solo per il 2020”.
Sul fronte lavoro e ammortizzatori sociali il giudizio è ancora più severo. A partire dal blocco dei licenziamenti, una scelta che durante il lockdown “poteva essere giustificata”. Protrarla a oltranza “è un errore molto rischioso”. Più si protrae nel tempo “il binomio CIG per tutti-no licenziamenti – ammonisce Bonomi – “più gli effetti di questo congelamento potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese”. Un colpo anche alla rete unica su cui il governo ha appena trovato un accordo fra Tim e Open Fiber. O meglio a chi (come Beppe Grillo) continua a fare il pasdaran della rete pubblica, dimenticando “il rovinoso falò di risorse delle Partecipazioni Statali che obbligò alle privatizzazioni di inizio anni Novanta”.
Poi dieci proposte per ripartire, ascoltando la voce delle imprese. Tra queste, un monito sul reddito di cittadinanza targato Cinque Stelle. “Un conto sono le prestazioni di natura assicurativa del lavoro, con oneri a carico delle imprese ma gestiti dall’Ente pubblico assicuratore; altro conto, sono le misure di integrazione del reddito a carico della fiscalità generale”, tuona Bonomi. E ancora: “Le politiche attive del lavoro non possono essere attuate con il Reddito di Cittadinanza”. Per Confindustria bisogna “smontare l’attuale configurazione” della misura-simbolo dei Cinque Stelle.
Torna Draghi, un pallino fisso. “L’ingiustizia fra generazioni accresce le fratture sociali: ce l’ha ricordato Draghi e in molti hanno finto di applaudirlo, visto che in concreto poi vogliono il contrario”.
Il lungo atto d’accusa di Bonomi, forse il più duro scagliato contro il premier nei primi tre mesi di mandato, si scalda verso la conclusione. Il presidente punta il dito contro i “bonus a pioggia”, gli “inutili Stati Generali”, e avvisa chi già stappa champagne per il Recovery Fund: un errore pensare che quei 209 miliardi di euro “siano un bancomat illimitato per ogni tipo di misura”.