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Draghi bello e incompiuto. Meglio per Conte. Il punto di Caldarola

Da anni Mario Draghi è l’uomo della Provvidenza in pectore. Biografia straordinaria, privo di leziosità, carisma creato dalla competenza, Draghi, per opinione generale, è il miglior italiano che ci sia in giro. Molti di quelli che fanno politica ne sono convinti. “Arriverà Draghi”, è al tempo sesso un auspicio e una minaccia come, ai vecchi tempi, quell’ “Addavenì Baffone” esaltava i comunisti e faceva tremare gli altri.

Malgrado la sua discrezione personale, c’è attorno a Draghi il clima del fenomeno mediatico. Prima o poi dirà qualcosa di decisivo, sperano i suoi supporter, e poco conta che fra questi vi siano antichi avversari. Il fatto è che il mito di Draghi è stato rilanciato per fare da contraltare all’emergere della figura di Giuseppe Conte. Biografie diverse, esperienze non comparabili, con la banale differenza che l’uno, Draghi, è in riserva della Repubblica da tempo, l’altro, Conte, maneggia, pressocché a suo piacimento, il governo a cui è toccata in sorte la peggiore disgrazia del dopoguerra, una pandemia che fa ancora paura.

Ieri però l’ex banchiere ha parlato al meeting di Comunione e Liberazione, tradizionalmente luogo di grandi discorsi o di aperture politiche. Le sue parole sono state bene accolte. Alcuni le hanno lette in chiave anti-governo, la parte sull’eccesso di sussidi, altri invece hanno rilevato il suo keynesismo con quella esaltazione del debito buono se fatto per investimenti produttivi.
Diciamo la verità, Mario Draghi ha fatto una gran bella figura ma non ha avuto alcuna voglia di dare lo scossone.

Avrebbe potuto dire dove accendere quel debito buono, avrebbe potuto fare un appello alle forze politiche e al paese, invece ci ha ricordato che i giovani passeranno guai cosa che noi che i giovani ce li abbiamo in casa sappiamo già e un po’ ci fa incazzare chi ce lo ripete senza dare soluzioni.
Draghi da eri è un po’ più leader perché ha scelto di rompere il silenzio. Lo è un po’ meno perché quando sei Mario Draghi devi dare spettacolo. Ve lo immaginate Maradona che cincischia a centro campo?

Se questi sono i pericoli, Giuseppe Conte, che si è rivelato un navigatore esperto, può essere meno preoccupato dalla presenza mediatica dell’ex governatore. Se il governo cadrà, ci sarà Draghi, ma non sarà Draghi a far cadere il governo.

Il rischio che corre Draghi è, invece, quello di apparire come uno troppo gettonato in chiave anti-Conte, rischio doppio perché perde l’aura del “gigante” contro il neofita della politica e perché il neofita ha il potere mentre Draghi può contare solo su una buona stampa, cosa che oggi come oggi vuol dire zero carbonella.

Chi ha sognato e sogna Draghi ieri ha visto che esiste davvero, che è con noi, attento alle nostre cose, pronto a dare una mano. Ma ha capito che la mano non vuole sporcarsela. Ha difeso così un suo ruolo presidenziale che guarda più al Quirinale che a Palazzo Chigi. Conte resterà in ansia, per Mattarella sarà sempre la solita vita. Temo, quindi, che al meeting ieri non sia accaduto proprio niente, almeno niente di quello che molti auspicavano o temevano.


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