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Soldato blu. E gli Usa scoprirono i crimini contro i nativi americani

“Il 29 novembre del 1864, 700 soldati del Colorado Cavalleria, muniti di cannoni, attaccò un pacifico villaggio di Cheyenne, a Sand Creek, nel Colorado. Gli indiani, avvicinatisi pacificamente di fronte all’esercito schierato, con la bandiera americana e una bandiera bianca in segno di resa, vennero comunque attaccati. Furono brutalmente massacrati 500 indiani, 300 erano donne e bambini. Oltre 100 furono scotennati, molti corpi squartati, molte donne vennero violentate. Il generale Nelson Miles, capo di stato maggiore dell’esercito, così definì questo vergognoso episodio. “È forse l’atto più vile e ingiusto di tutta la storia americana”.

Così la didascalia che chiude Soldato blu (Soldier Blue, 1970) di Ralph Nelson tratto dal romanzo di Theodore V. Olsen. Il film alla sua uscita in Usa destò molte polemiche da parte dei conservatori, soprattutto perché la violenza gratuita dell’esercito americano nei confronti degli inermi nativi Cheyenne alludeva chiaramente alla inutile guerra che proseguiva nel Vietnam.

Segnatamente, al massacro del villaggio vietnamita di My Lai (Son My), quando un battaglione di fanteria statunitense, al comando del tenente William Calley, il 16 marzo 1968, sterminò 504 inermi civili disarmati, tra i quali diversi anziani, donne, bambini e persino neonati. Soldato blu, nel giro di poche settimane, divenne un cult.

Non solo perché svelava le violenze gratuite dei bianchi colonizzatori senza trasformare in angeli gli indiani (si veda l’attacco iniziale dei pellerossa al drappello dei soldati che trasporta le paghe, in cui militari sono tutti uccisi, tranne i due protagonisti), ma perché lo sceneggiatore John Gay fondeva insieme, fatti storici, dramma esistenziale, lirismo del paesaggio, e una delicata storia d’un amore impossibile.

Centrale è nel film il motivo della “conversione” del soldato Honus Gent (Peter Strauss), unico sopravvissuto all’attacco iniziale, insieme alla “signorina” Khaty (la flessibile e statuaria Candice Bergen). La “signorina” fidanzata ufficialmente con un tenente che la attende a Forte Reunion, da due anni, in realtà era stata rapita dai Cheyenne e aveva vissuto con Lupo Pezzato, uno dei capi. Liberata dai soldati durante un precedente attacco era finita sul carro e stava rientrando con il drappello e le paghe dei soldati a Fort Reunion, quando appunto avviene l’assalto.

Ora è la bella Kathy che guida, a piedi, il frastornato soldato Honus verso Fort Reunion evitando la pista battuta, e allo scoperto, che l’ingenuo militare avrebbe scelto. Soprattutto la loquace e decisa Kathy, che ironicamente chiama Honus “soldato blu”, irridendo all’esercito americano che sta pian piano sterminando i nativi,  provoca la presa di coscienza dell’ignaro soldato, in quello che sarà per lui un autentico viaggio di formazione.

Mentre egli lamenta la morte di tutti i suoi commilitoni, incolpando questi “selvaggi che uccidono e mutilano i corpi dei nostri soldati”, Kathy ironicamente sorride. E risponde: “queste violenze gli indiani le hanno apprese dai bianchi, i quali fanno di peggio, fanno i sacchetti per il tabacco con quella parte lì, che tagliano, caro soldato blu!”
Nel finale, quando l’esercito, dopo aver sparato sugli indiani disarmati, passerà a fil di spade donne e bambini, con scene di amputazioni e violenze di stupro, Honus non resistendo a tale visione, vomiterà. A fine massacro, l’esercito al comando del dell’esaltato colonnello Iverson, torna a Fort Reunion con Honus Gent, arrestato e incatenato ad un carro per insubordinazione: non ha partecipato alla “guerra” contro il villaggio. Kathy si incammina verso la riserva indiana, con le vedove e i bambini orfani.

L’armonica regia di Ralph Nelson, coadiuvata dalla felice colonna sonora di Roy Budd, grazie a rapidi ed ellittici tagli, declinati da improvvisi zoom/antizoom e ariose panoramiche alla Sergio Leone, mantiene il racconto dentro una tesa suspense, tra dramma, autoironia e poesia. Si veda quando Honus smarrisce il calzino nel torrente e torna indietro per cercarlo, contro l’avvertimento di Kathy: viene accerchiato dagli indiani Kiowa; è costretto a battersi con il coltello, contro il loro capo. Oppure, quando Kathy salva Honus, ferito da un colpo di fucile dal trafficante di armi, Isaac Cumber, riparandolo in una grotta. Tutta la notte lo medica con erbe come nell’uso indiano. Il giorno dopo lo nutre d’un’ottima carne cotta di serpente, per una riuscita convalescenza. In quella notte nasce l’amore sincero tra Cathy e il “soldato blu”: la ragazza lo chiamerà per la prima volta col suo nome di battesimo, Honus. Un amore che la carneficina del colonnello Iverson annienta sul nascere, perché il male, sembrano dirci Nelson e Gay, può distruggere tutto.


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