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Il passo falso del governo su Tim-Kkr. Parla Andrea Colli (Bocconi)

Inopportuno e anche molto poco saggio. Il blitz del governo nel bel mezzo della trattativa tra Tim e il fondo americano Kkr per la cessione a quest’ultimo di una quota di minoranza e senza governance (37%) della rete in pancia all’ex Telecom (Fibercop), non è stato elegante, anzi da un punto di vista industriale, molto poco sensato. Di questo è convinto Andrea Colli, storico dell’industria, economista presso la Bocconi e autore di saggi sul rapporto tra Stato ed economia. Nonostante Palazzo Chigi abbia minimizzato l’accaduto, ribadendo la convergenza con l’ex monopolista sulla necessità di una rete unica, rimane agli atti un nuovo atto di ingerenza della mano pubblica.

“Mi sembra di capire che ci abbiano preso gusto nel compiere certi gesti così plateali. Parliamo di una trattativa privata, visto che una delle due società, Tim, non solo non è più controllata dallo Stato, ma i suoi azionisti sono stranieri. Siamo dinnanzi a un gesto che non solo è inusuale, ma anche inaccettabile. Dove un governo si avvale della prerogativa di entrare in certi dossier con estrema disinvoltura, quando meglio lo crede”, spiega Colli. “Per anni, dopo la privatizzazione (1997-1998, ndr) gli esecutiv di turno si sono quasi disinteressati all’allora Telecom, e ora la politica riscopre improvvisamente la strategicità di una società?”

Secondo l’economista “questa azione di ingerenza è inaccettabile, anche per il semplice messaggio che viene dato all’estero, a chi vuole vuole investire in questo Paese. Si metta nei panni di chi vuole venire qui a investire. Dovrebbe aspettarsi che da un momento all’altro il governo salti fuori? Quello che arriva all’estero, mi creda, è un pessimo segnale”. C’è però un altro aspetto che viene sottolineato da Colli. “Oltre a un gesto inaccettabile, mi pare anche pretestuoso. Perché potrei capire se l’attuale situazione dettata dalla pandemia avesse conferito alla trattativa tra Kkr e Tim un qualche carattere di emergenza, di urgenza, allora il governo avrebbe potuto intervenire. Ma francamente nulla vedo che giustifichi un simile intervento da parte dell’esecutivo. E invece mi pare tutta una grande forzatura. Il punto è che non è che qualcuno si può svegliare la mattina e dire che Tim è strategica e allora bisogna mettere bocca a tutti i costi. Certo, ci sono dei disegni industriali, a cominciare da Open Fiber, ma qui stiamo assistendo a un atteggiamento profondamente sbagliato, da parte chi peraltro non è nemmeno azionista di maggioranza”.

La diagnosi è chiara. “Ancora una volta c’è stata una certa disinvoltura nella gestione di certe partite industriali. Una cosa simile, nel breve termine può essere gestibile, ma nel medio e lungo termine questo diventa un  comportamento pericoloso e lesivo. Qui parliamo di reputazione e la reputazione è tutto per un Paese industrializzato che vuole attrarre investimenti. Bisogna fare attenzione con questi comportamenti, vorrei ripetere questo concetto, perché poi gli investitori non vengono più a investire in Italia. Se si fanno certe scelte politiche, poi si prendono i rischi sulla tenuta di occupazione e investimenti in Italia”.

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