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Guerre stellari? Così Londra rilancia il dibattito (all’Onu) sul diritto spaziale

Satelliti spia, proiettili spaziali e attacchi cyber contro preziose infrastrutture in orbita. Il confronto globale è già arrivato oltre l’atmosfera, con il rischio di innescare pericolose escalation anche sotto di essa. È per questo che il Regno Unito ha presentato mercoledì alle Nazioni Unite una proposta per “un nuovo approccio” all’utilizzo dello Spazio per scopi militari, con l’obiettivo di coinvolgere tutti gli Stati alla riforma del datato diritto che regola tali attività. Tra la Space Force di Donald Trump e altri comandi spaziali che emergono in tutto il mondo, difficile prevedere come sarà accolta da Russia e Cina, già dichiaratesi contrarie alle proposte mosse dagli Stati Uniti. Anche perché l’idea britannica giunge a un mese dalla denuncia contro Mosca, rea di aver testato una nuova arma spaziale: un vero e proprio “proiettile” lanciato da un satellite verso un altro.

LA PROPOSTA BRITANNICA

Con la sua proposta, il Regno Unito chiede una discussione urgente tra i membri delle Nazioni Unite. L’ambizione è elevata: raggiungere un accordo globale per evitare azioni che potrebbero generare pericolose escalation. Londra suggerisce dunque che tutti gli Stati presentino al segretario generale dell’Onu le rispettive visioni su cosa sia “responsabile” e cosa “minaccioso” come comportamento extra-atmosferico, così da arrivare a un rapporto da presentare all’Assemblea generale. “Molti Paesi utilizzano assetti spaziali militari per controllare le comunicazioni sul campo di battaglia, i sistemi missilistici difensivi e offensivi e persino le loro forze nucleari”, spiega il Foreing Office in una nota. “Tali sistemi – aggiunge – sono vulnerabili agli attacchi da parte di sistemi d’arma spaziali e terrestri, interferenze e attività cyber malevole”. Per questo, “quando i Paesi non comunicano le loro intenzioni nello spazio o agiscono in modo minaccioso, il rischio di ritorsioni aumenta, con potenziali conseguenze devastanti”.

LE RAGIONI DI LONDRA

Da qui l’iniziativa di Londra, in favore di “un nuovo approccio: rompere l’impasse spaziale che c’è all’Onu, aumentare la trasparenza e ridurre il rischio di errori di calcolo tra le nazioni che potrebbero portare a conflitti”. A portare avanti l’iniziativa il ministro degli Esteri Domic Raab e il collega della Difesa Ben Wallace. “Prevenire attività malevoli e ridurre il rischio di incidenti – ha detto quest’ultimo – è incredibilmente importante per la sicurezza del Regno Unito e per le operazioni militari di successo che si basano sui sistemi nello spazio”. Gli ha fatto eco Raab: “Riteniamo che sia urgentemente necessario un nuovo approccio per aumentare la fiducia tra i Paesi che operano nello spazio per prevenire una corsa agli armamenti o un conflitto che potrebbe avere conseguenze catastrofiche”.

IL VACUUM ESISTENTE

Come notato su queste colonne da Andrea Capurso, vincitore del Diederiks-Verschoor Award per il Diritto spaziale, i riferimenti normativi risultati datati rispetto all’evoluzione tecnologica in corso. L’Outer space treaty del 1967 resta il principale punto di riferimento nel campo, ma ha due grandi limiti. Prima di tutto, prende in considerazione armi nucleari e armi di distruzione di massa, ma non le armi convenzionali, categoria in cui rientrano ormai le maggiori capacità Asat (a meno di un grande accordo che le configuri come arma di distruzione di massa). In secondo luogo, contiene l’obbligo di condurre attività di natura esclusivamente pacifica su Luna e altri corpi celesti, senza comprendere dunque il vuoto tra loro, comprese le dense orbite terrestri, dove dunque restano i generali doveri di diritto internazionale relativi all’uso della forza e alla cooperazione fra gli Stati.

PROBLEMI DI DEFINIZIONE

Oltre le distanze geopolitiche (mai utili a grandi accordi), alla base delle difficoltà odierne a definire un nuovo diritto spaziale c’è un problema di definizioni, tale per cui si fatica a capire cosa sia “arma spaziale” o meno. Lo spiega bene un recente rapporto del Center for strategic and international studies (Csis) a firma di Todd Harrison, direttore dell’Aerospace security project, notando come le singole potenze possano approfittarsi delle sfumature definitorie di nuove proposte normative. “Nel 2008, Russia e Cina hanno proposto alle Nazioni Unite il Prevention of the placement of weapons in outer space, the threat or use of force against outer space objects, altrimenti noto come Ppwt; definisce le armi spaziali in modo un po’ approssimativo, applicandosi solo agli armamenti spazio-spazio e spazio-Terra, cinetici e non; non vieterebbe armi cinetiche Terra-spazio o forme di attacco non cinetiche, che Cina e Russia possiedono”.

LE ARMI CHE PREOCCUPANO

In questo vuoto normativo si inserisco molti casi recenti, compreso quello più eclatante. Il 23 luglio scorso le autorità militari per lo spazio di Regno Unito e Stati Uniti hanno denunciato, quasi in contemporanea, un test russo di quella che pare una nuova arma: un “projectile” lanciato da un satellite. All’indomani, puntale e prevedibile, è arrivata la risposta del Cremlino: “La Russia è sempre stata e continua a essere un Paese che si attiene al compito di una demilitarizzazione dello spazio e del non collocamento nello spazio di qualsiasi tipo di arma”. L’accusa si riferiva al satellite Kosmos 2543, assetto di tipo “inspector”, in orbita da tempo, già resosi protagonista di manovre di prossimità su satelliti Usa. Washington ha denunciato in un’altra occasione il suo cambiamento di orbita fino all’intersecazione con quella di un satellite del National reconnaissance office.

NUOVE MANOVRE

Per “manovra di prossimità”, ha spiegato l’esperto Marcello Spagnulo, si intende un’attività tesa ad avvicinare l’orbita di un oggetto a quella di un altro, così da farle intersecare. I satelliti che le percorrono possono trovarsi comunque a distanza di decine, se non centinaia, di chilometri, comunque sufficiente per poter osservare un satellite, oppure disturbarlo con una varietà di strumenti: jamming, onde elettromagnetiche, spray chimici, laser, o addirittura la deflagrazione dello stesso assetto avvicinatosi. Secondo le ricostruzioni di inglesi e americani, nel suddetto caso dal satellite Kosmos sarebbe uscito un oggetto capace di viaggiare a velocità maggiore rispetto al satellite, forse un cube-sat con proprio sistema propulsivo (essenziale per poter accelerare rispetto a Kosmos, già in movimento).

COMPETIZIONI ORBITALI

Mentre i test Asat da terra (anche tramite il lancio da velivoli) registrati sono ormai numerosi, le manovre di prossimità (per spiare o per colpire) sembrano ancora a uno stadio primordiale. Eppure, la minaccia non è da sottovalutare. Gli Stati Uniti hanno realizzato con successo lo scorso marzo una missione di Mission exstension vehicle (Mev) di un satellite mediante un drone spaziale (in foto), dimostrando la possibilità di intervenire su un oggetto orbitante modificandone l’orbita con precisione. Per quanto riguarda le attività da terra, Stati Uniti, Russia e Cina hanno già dimostrato di avere la capacità di colpire satelliti orbitanti. Lo stesso ha fatto lo scorso anno l’India.

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