Skip to main content

Da Huawei a Kkr. Se l’Italia perde l’equilibrio. Parla Giulio Sapelli

Ci sono due letture sul caso Kkr-Tim, dice a Formiche.net Giulio Sapelli, saggista, economista e storico della Statale di Milano. La prima: l’intervento del governo sul Cda di Tim per sospendere l’accordo è il segno inequivocabile di “un lento e inesorabile scivolamento verso un modello di Stato venezuelano”. La seconda è invece tutta sul piano geopolitico: “Sospetto che questo accanimento contro i fondi americani rientri nei doveri di vassallaggio verso Pechino”.

Professore, la trama è questa: un governo scrive una lettera a un Cda di un’azienda privata, per chiedere di fermare temporaneamente l’offerta di un fondo straniero. Che ne pensa del caso Tim-Kkr?

Siamo alla follia. Una cosa del genere successe quando Prodi era primo ministro. Scrisse una lettera al cda di Tim, Tronchetti Provera rassegnò le dimissioni in protesta. Oggi sembra quasi normale. E questo è quel che mi preoccupa di più. Ma a monte c’è un’altra questione.

Cioè?

Smettiamola di puntare il dito sull’albero e guardiamo la foresta che c’è dietro. A Tim negli ultimi anni è stato fatto di tutto e di più. A cominciare dal governo, che ha costituito Open Fiber dandone metà in mano a un’impresa a partecipazione pubblica come Enel, quando c’era già un’altra impresa, Tim, con un asset fondamentale, la rete fissa in rame, che ha sempre funzionato alla perfezione, come e forse anche meglio della fibra.

Adesso però la rete unica si deve fare. O no?

Certo che è la cosa migliore, ma gli errori sono stati commessi dall’inizio. Negli Stati Uniti esistono quattro operatori telco. In Europa, per la folle scelta di gente come Monti e Vestager, abbiamo concepito un antitrust tutto imperniato sul consumatore e non sul produttore. Così, un passo alla volta, abbiamo abbracciato il modello venezuelano.

Torniamo a Tim. Una parola spettava a Cdp?

E a chi altro? Doveva essere Cdp, il suo ad Fabrizio Palermo, semmai, a intervenire, non la politica.

Con questi episodi si rischia di impaurire gli investitori esteri?

Senza dubbio. E di questi episodi ormai c’è una lista infinita. Elenco solo i più clamorosi. Il primo: aver spossessato la famiglia Riva dall’Ilva. Una scelta che ancora oggi grida vendetta. Poi Autostrade, dove all’esproprio si è aggiunto il delirio istituzionale, con una Corte Costituzionale che commenta una sentenza non ancora pubblicata e dice che il governo ha fatto bene a negare ad Atlantia la ricostruzione del ponte. Adesso Tim. Ma nessuno si preoccupa, perfino i grandi giornali fanno spallucce.

Poi c’è il lato geopolitico della vicenda. Kkr non è il primo fondo statunitense che ha incontrato lo stop del governo in questi mesi.

Io un’idea me la sono fatta. A pensar male si fa peccato, ma a me sembra che questo pressing contro i fondi americani sia in funzione pro-cinese. Non mi sembra un accanimento casuale. Credo che lo sforzo dei diplomatici cinesi, dei “lupi guerrieri”, stia dando i suoi frutti. In una partita geopolitica delicata come quella per la rete, bisognerebbe saper distinguere fra amici e nemici.

Peraltro il presidente di Kkr è un certo David Petreus, l’ex generale a capo della Cia…

Bene, allora sono davvero dei geni, sanno come scegliersi bene i nemici (ride, ndr). Scherzi a parte, siamo di fronte a una crisi organica, nel senso gramsciano del termine. Quando i partiti tradizionali si allontanano dalle classi sociali di riferimento, viene meno il giusto equilibrio fra politica ed economia. In questi momenti si aprono le maglie del sistema Paese a gruppi di potere stranieri, si pongono le condizioni per una transizione egemonica. In questo caso, verso Pechino.

Le cito un altro episodio. Il governo ha ventilato il golden power sulla pugliese Itea, per un altro fondo americano…

Anche qui in un settore strategico come l’ossicombustione, che ha un enorme impatto sull’innovazione tecnologica. Evidentemente bisogna mostrare di essere vassalli fedeli. Questa classe dirigente forse non lo fa scientemente. Semmai, vive una crisi di egemonia e non sa più riconoscere i suoi punti di riferimento.

A proposito di politica ed economia, torna alla ribalta il tema del blocco dei licenziamenti. Deve averle fatto un certo effetto sentire Tito Boeri schierarsi contro il blocco a tempo indeterminato…

Qui ha ragione Boeri, punto. Non puoi sospendere all’infinito i licenziamenti, condanni le imprese alla distruzione. Semmai, intervieni affinché nascano nuove imprese. Una politica di ammortizzatori sociali. In un momento di crisi come questo, mandar via due persone può voler dire salvarne cento.


×

Iscriviti alla newsletter