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Perché l’intesa fra Israele ed Emirati Arabi è storica (e Trump gode)

Il presidente statunitense, Donald Trump, ha voluto anticipare la stampa e le dichiarazioni ufficiali per annunciare su Twitter  il suo ruolo di mediatore in un accordo “storico” che vedrà Israele e gli Emirati Arabi Uniti aprire piene relazioni diplomatiche e Israele sospendere i piani di annessione in Cisgiordania.

È una notizia dal valore nevralgico per una serie di dossier geopolitici e per la stabilità della regione mediorientale, allargata fino al Mediterraneo. Per Abu Dhabi, l‘intesa ha un profondo valore strategico: c’è la possibilità di ascoltare gli Stati Uniti nella richiesta di creare un fronte compatto contro l’Iran superando divisioni storico-religiose (tra stato ebraico e regni sunniti); c’è la possibilità di avviare cooperazioni sulla sicurezza, soprattutto sfruttando le competenze nel campo cyber degli israeliani; c’è l’opportunità di sollecitare Israele, che è parte del campo di confronto del Mediterraneo orientale dove per gli Emirati si gioca il match contro la Turchia (e il Qatar per allargamento).

Per Israele è un grosso passo in avanti che apre le porte delle relazioni con i paesi della regione, con una chiave che riguarda l’inimicizia comune nei confronti dell’Iran e che porta al calcolo di interessi comuni. “É l’inizio di una nuova era tra Israele e il mondo arabo”, ha detto il premier Banjamin Netanyahu. È infatti probabile che nei mesi successivi anche il Bahrein sigli un’intesa simile – tant’è che la dichiarazione congiunta diffusa dall’amministrazione americana poco dopo il tweet di Trump parla della possibilità che accordi simili interessino in futuro “ulteriori paesi”. Più difficile (sebbene da non escludere del tutto) che l’Arabia Saudita segua la via emiratina: Riad, custode dei luoghi sacri dell’Islam, ha una posizione molto più delicata anche nei riguardi dell’opinione pubblica e potrebbe usare Manama come anticamera per le relazioni. Su tutto infatti pesa il tema della difesa dei palestinesi.

“Durante una telefonata con il presidente Trump e il primo ministro [Benjamin] Netanyahu, è stato raggiunto un accordo per fermare l’ulteriore annessione israeliana dei territori palestinesi. Gli Emirati Arabi Uniti e Israele hanno inoltre concordato la cooperazione e la definizione di una tabella di marcia per stabilire una relazione bilaterale”, scrive su Twitter l’erede al trono emiratino, il policy maker del regno Mohammed bin Zayed.

“Quando si parlava di annexations (le annessioni del 30-40 per cento della Cisgiordania teoricamente previste dal nuovo governo israeliano, ndr), gli emiratini hanno chiesto a Israele di non andare avanti con il piano, perché altrimenti sarebbe stata complicata la normalizzazione delle relazioni. Gli israeliani si sono fermati, e a quel punto c’è stata l’accelerazione”, spiega a Formiche.net Cinzia Bianco, esperta di Golfo dell’Ecfr di Berlino.

Recentemente Bianco ha redatto un report per l’Ispi, anticipando l’accordo tra Israele e UAE e facendo una carrellata delle implicazioni regionali sul lato Golfo di un’eventuale intesa. “Nei dieci anni trascorsi dalla primavera araba, fluidità è stata la parola chiave della geopolitica regionale. Gli allineamenti sono cambiati, i cambiamenti di spartiacque sono diventati quasi un evento di routine, l’imprevisto è diventato realtà. Il fatto che alcuni stati del Golfo stessero discutendo pubblicamente di un impegno con Israele ne era un segno. Tuttavia, fluidità significa anche che alcune cose possono essere reversibili”, ha scritto l’analista spiegando che l’annessione avrebbe fatto tornare indietro le relazioni Golfo-Israele di alcuni anni. Senza annessioni, l’ora per la normalizzazione è scattata.

“Abu Dhabi inoltre sottolinea che questo passaggio è la dimostrazione della propria moderazione, ossia del loro essere anti-estremisti e tolleranti. Un concetto fondamentale, attorno a cui gli emiratini hanno costruito tutta la loro narrazione internazionale, la loro politica estera e la loro immagine. Era un passo atteso, si stava soltanto aspettando il contesto che avrebbe potuto permetterlo”, aggiunge Bianco (contattata telefonicamente). Abu Dhabi ha creato attorno un’immagine eccezionalista rispetto agli altri paesi della regione – dimostrata anche con l’invio di una sonda su Marte.



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