I mesi erano quelli del lockdown, della chiusura totale di imprese e servizi non essenziali. Ma il dato, a leggerlo, fa ancora una certa impressione. Secondo l’Istat, che questa mattina ha aggiornato le stime preliminari relative al secondo trimestre dell’anno, tra aprile e giugno il prodotto interno è diminuito del 12,8% rispetto al trimestre precedente e del 17,7% nei confronti del secondo trimestre del 2019. L’Istituto di statistica, nel confermare come si tratti di flessioni mai viste dal 1995, ha dunque rivisto al ribasso la stima preliminare della variazione congiunturale del Pil diffusa il 31 luglio che era stata del -12,4% mentre quella tendenziale del -17,3%.
L’economia italiana, che tra poche settimane potrebbe beneficiare delle prime risorse frutto del Recovery Fund (una volta presentato a Bruxelles l’articolato piano di riforme predisposto dal governo Conte), riparte dunque da questo dato. Che per l’Istat è e rimane un qualcosa di eccezionale. “La stima completa dei conti economici trimestrali conferma la portata eccezionale della diminuzione del Pil nel secondo trimestre per gli effetti economici dell’emergenza sanitaria e delle misure di contenimento adottate, con flessioni del 12,8% in termini congiunturali e del 17,7% in termini tendenziali, mai registrate dal 1995”, ha scritto infatti l’Istituto guidato da Gian Carlo Blangiardo nella nota.
A trascinare la caduta del Pil “è stata soprattutto la domanda interna, con un apporto particolarmente negativo dei consumi privati e contributi negativi rilevanti di investimenti e variazione delle scorte. Anche la domanda estera ha fornito un apporto negativo, per la riduzione delle esportazioni più decisa di quella delle importazioni. La contrazione dell’attività produttiva si è accompagnata a una marcata riduzione dell’input di lavoro in termini di Ula e ore lavorate, mentre le posizioni lavorative hanno subito un calo meno marcato”.
Domanda interna che risponde al nome di spesa per le famiglie. E infatti, chiarisce l’Istat, in tre mesi la la spesa delle famiglie sul territorio italiano ha registrato una diminuzione in termini congiunturali del 12,4%. In particolare, gli acquisti di beni durevoli sono diminuiti del 21,4%, quelli di beni non durevoli del 4,4%, quelli di servizi del 15,8% e quelli di beni semi-durevoli del 15,1%.
C’è però chi, in Europa, ha fatto peggio dell’Italia, come la Francia. Nel secondo trimestre, il Pil è infatti diminuito in termini congiunturali del 9,1% negli Stati Uniti, del 13,8% in Francia e del 9,7% in Germania. In termini tendenziali, si è registrata una diminuzione del 9,1% negli Stati Uniti, dell’11,3% in Germania e del 19% in Francia. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area Euro è diminuito del 12,1% rispetto al trimestre precedente e del 15% nel confronto con il secondo trimestre del 2019.
Il dato odierno ha comunque innescato una girandola di commenti da parte di diversi esponenti politici. Secondo Mariastella Gelmini di Forza Italia, “entro il 27 settembre il governo dovrà presentare alle Camere la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, entro il 15 ottobre Palazzo Chigi dovrà mandare alla Commissione europea e all’Eurogruppo il Documento programmatico di bilancio. E dovrà prendere atto della flessione del certificata oggi da Istat, che è peggiore di quanto l`esecutivo si attendesse. A queste due consuete scadenze, quest`anno va aggiunta – sempre entro metà ottobre – la presentazione all’Europa del Recovery plan nazionale, condizione necessaria per poter iniziare ad usufruire dei 209 miliardi del Recovery fund. Per di più l`esecutivo non ha ancora chiarito se intende o meno chiedere i 37 miliardi del Mes, e non ha presentato i progetti per Sure e Bei. Il governo è in ritardo su tutto, non ha le idee chiare su come impostare la prossima legge di bilancio e non ha coinvolto – nonostante i ripetuti annunci – in alcun modo le opposizioni”.