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Difesa in campo. Ecco cosa Guerini ha detto (e a chi) in Libia

Collaborazione bilaterale attraverso l’incremento delle attività di cooperazione nel settore della Difesa per un “salto di qualità” nelle relazioni. Così viene descritta ai media la visita del ministro della Difesa italiana, Lorenzo Guerini, a Tripoli, contatto politico-diplomatico molto importante di cui ieri Formiche.net aveva dato un’anticipazione esclusiva. “È andata molto bene”, dicono le fonti a proposito dell’incontro con il presidente del Consiglio Presidenziale, Fayez Sarraj, che era accompagnato dal suo vice, Ahmed Maitig, dal ministro degli Esteri, Mohamed Taher Siala, e l’incaricato d’affari alla Difesa Ali Namroush. La delegazione italiana era composta invece dall’ambasciatore in Libia, Giuseppe Buccino, il capo di Stato maggiore della Difesa, gen. Enzo Vecciarelli, il direttore dell’Aise, gen. Gianni Caravelli, e il comandante del Comando operativo di vertice interforze (Coi), gen. Luciano Portolano, e il comandante di MIASIT (Missione di Assistenza e Supporto in Libia) gen. Maurizio Fronda.

“C’è piena disponibilità da parte nostra a dar immediato avvio alle ulteriori iniziative di cooperazione definite oggi […] In questi anni abbiamo profuso sforzi importanti per sviluppare una collaborazione civile/militare con le autorità locali che svilupperemo con rinnovato impegno. Per questa ragione, la nostra presenza in Libia rimane un impegno prioritario, sulla strada della pacificazione e del riassetto istituzionale che tutti auspichiamo”, ha commentato Guerini.

Innanzitutto, dalla Difesa ci tengono a sottolineare che è stata confermata la collaborazione per l’attività di bonifica e sminamento richiesto all’Italia a Tripoli. Un aspetto molto importante per i cittadini libici che vivono nella capitale, soprattutto nei quartieri meridionali. Quelle aree, una volta liberate dall’occupazione dei ribelli dell’Est qualche mese fa, sono rimaste un campo minato. Le forze orientali hanno lasciato il terreno disseminato di mine. Infestati anche gli edifici civili, pieni di trappole esplosive: dispositivi nascosti per colpire chi avrebbe rimesso piede nelle proprie abitazioni, lasciate durante l’offensiva con cui la milizia ribelle voleva rovesciare il governo onusiano Gna. L’Italia ha risposto all’appello di Tripoli: squadre scelte inviate, insieme ai turchi, ad assistere e bonificare l’area. Dozzine i morti e feriti, tra coloro che hanno provato a rientrare nelle proprie case, con molti degli ordigni che hanno caratteristiche simili a quelli che i contractor privati russi hanno lasciato in zone del Donbas liberate dall’occupazione dei separtisti.

È stata inoltre definita un’espansione della collaborazione nel settore della medicina e della sanità militare, altro aspetto strettamente legato alla popolazione civile. Prevista una nuova collocazione per l’ospedale di Misurata – l’impianto della Difesa che verrà spostato in un’area più funzionale rispetto all’aeroporto, finita più volte sotto le bombe dell’aviazione dei ribelli. In più c’è il progetto per la realizzazione di un nuovo polo ospedaliero congiunto Italo-libico a Tripoli. L’assistenza sanitaria è fondamentale per la Libia, anche per contenere i potenziali effetti del coronavirus (che per il momento non ha colpito pesantemente il paese, ma è un nemico strisciante e invisibile su cui non si può abbassare la guardia).

Il ministro Guerini ha inoltre concordato con le controparti libiche un nuovo piano di attività di addestramento per cadetti, ufficiali e sottufficiali libici in Italia e in Libia a partire dal nuovo anno accademico.

Tra i temi al centro del colloquio col Premier Serraj anche la disponibilità a costituire una comitato misto come organo di governance di livello strategico della cooperazione militare: “L’istituzione di un comitato bilaterale per la cooperazione militare contribuirebbe a rafforzare ulteriormente il legame tra i nostri Paesi” ha dichiarato Guerini.

Ma la visita del titolare di Palazzo Baracchini ha avuto un ruolo ulteriore, ben oltre al perimetro tecnico: si è parlato di ritorno delle aziende italiane sul territorio libico e della necessità di far ripartire l’esportazione petrolifera, elementi connessi alla stabilizzazione del Paese. È qui che la funzione delle diplomazia militare italiana è centrale. Roma, membro Nato, ha spazi per creare una dimensione cruciale di equilibrio tra gli alleati disposti sui due lati del conflitto: con la Turchia che ha difeso militarmente il governo Onu e la Francia che ha dato sostegno informale alle ambizioni dei ribelli.

Ruolo su cu l’Italia potrebbe avere ulteriore centralità, se il nostro territorio dovesse essere quello prescelto per ospitare il comando Africa del Pentagono. “Ogni cessate il fuoco deve garantire che l’aggressore non rimanga in località che gli consentano di minacciare nuove aggressioni”, ha ribadito Serraj durante l’incontro, con la delegazione italiana, chiedendo che l’Italia si faccia garante della ricerca di stabilità in Libia – anelito messo in discussione anche dal recente rafforzamento militare che sta arrivando in Cirenaica con aerei cargo collegabili ai mercenari russi della Wagner, società usata dal Cremlino per il lavoro sporco, che in Libia significa complicare il processo di pace per tenere alta la destabilizzazione.

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