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Aerospazio e Difesa. Ecco cosa bolle nella pentola del Recovery Plan

mise veneto

Dodici miliardi e mezzo per l’industria dell’aerospazio e difesa, e uno per sostenere la Space economy nazionale. È la proposta del ministero dello Sviluppo economico, guidato da Stefano Patuanelli, per il Recovery Plan, il piano che l’Italia dovrà presentare a Bruxelles per beneficiare degli attesi 209 miliardi del Recovery Fund. Le proposte, inviate al dipartimento delle Politiche europee della presidenza del Consiglio, retto da Enzo Amendola, si muovono sulla linea spiegata su queste colonne dal sottosegretario Gian Paolo Manzella: fare dell’aerospazio un pilastro del rilancio dell’economia nazionale.

LE TAPPE

La bozza contiene le proposte del Mise per i progetti da finanziare con la “Recovery & resilience facility”. Si tratta dell’altrimenti noto Recovery Plan che il Paese dovrà presentare entro l’autunno a Bruxelles per poter beneficiare, dal prossimo anno, dei 209 miliardi di euro da alcuni paragonati al Piano Marshall che permise all’Italia di risollevarsi all’indomani della Seconda guerra mondiale. Tra fondo perduto (82 miliardi) e prestiti (127 miliardi), l’Italia è chiamata in ogni caso a presentare all’Ue una proposta di spesa, accompagnata dalle riforme chieste da Bruxelles attraverso cui è stato possibile raggiungere (a fatica) l’accordo nel Consiglio europeo dello scorso luglio. Ora, i piani del Mise di Patuanelli saranno oggetto dei vertici al Comitato interministeriale per gli affari europei (Ciae), chiamato a fare sintesi delle proposte provenienti dai vari dicasteri.

IL PIANO PER AEROSPAZIO E DIFESA

La proposta per il settore dell’aerospazio, difesa e sicurezza rientra nella terza macro aerea del documento del Mise: “Attrattività e rafforzamento del sistema produttivo”. Il ministero propone 12,5 miliardi di euro per il “Piano per il potenziamento della filiera industriale nazionale dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza”. L’obiettivo è potenziare il comparto “a sostegno della transizione digitale e green e della resilienza del Paese e dell’Unione”. Con una realizzazione prevista in sei anni, il piano identifica tra gli strumenti di attuazione anche la legge 808 del 1985, riferimento importante per il comparto su cui era già intervenuto il Decreto Rilancio, prevedendo il rinvio dei dovuti dalle aziende su programmi passati con scadenza nel 2020 e l’accelerazione sull’erogazione dei finanziamenti previsti per quest’anno. Ci sono poi le altre leggi di riferimento, ma anche “nuovi strumenti, o evoluzioni e modifiche delle precedenti”.

FINANZIARE “GRANDI PROGRAMMI”

“Obiettivo del progetto – si legge nella proposta del Mise – è consentire al comparto un salto tecnologico nella ricerca, nell’innovazione e nella costruzione di piattaforme duali ad elevatissime prestazioni, con ridotto impatto ambientale, totale sicurezza cyber e innovazione digitale”. Cinque miliardi sono proposti per i primi due anni, così da avviare la rapida industrializzazione dei prodotti e sostenere la ricerca. Si fa riferimento esplicito a “grandi programmi”, come richiesto spesso dal comparto industriale. In particolare, si parla di elicotteri di nuova generazione, “in risposta al programma statunitense Future Vertical Lift” (qui un approfondimento), di aerei di sesta generazione (l’Italia lavora con il Regno Unito sul programma Tempest), di “nave futura europea”, di tecnologia sottomarina avanzata, soluzioni intersettoriale, intelligenza artificiale e sistemi spaziali. Il tutto “con una attenzione da riversare alla supply chain di Pmi”. I successivi 7,5 miliardi saranno per il Mise destinati alle attività di sviluppo sperimentale, prototipazione ed eventuale certificazione.

“Complessivamente – spiega il dicastero – l’importo corrisponde al fatturato di un anno dell’industria di settore nazionale, ovvero al recupero di una perdita media annua stimata pari a un sesto del fatturato, da recuperare nei sei anni di azione del piano”. In altre parole, si punta a supportare il comparto fornendogli risorse simili a quelle che si prevede possa perdere a causa degli sconquassi da Covid-19.

IL PIANO PER LA SPACE ECONOMY

Un miliardo di euro vale invece il Piano Space economy, anch’esso su sei anni di attuazione attraverso partnership pubblico-private e programmi di aiuto multi-regionali. L’ambizione è chiara: partendo dagli asset in dotazione della nazione, si punta a “mettere in condizione l’industria aerospaziale italiana di trasformare il settore nazionale in uno dei motori propulsori della crescita del Paese e affrontare in maniera competitività le sfide imposte dai mercati internazionali”. Per questo, il Mise propone dunque “iniziative straordinarie in ambito Space economy a supporto della resilienza della transizione digitale e green del Paese e dell’Unione”. Il piano poggia sulla consapevolezza del valore del settore spaziale, comparto “in forte crescita”. Nel biennio 2016-2017, spiega il dicastero, “il valore dell’economia spaziale globale è stato stimato oltre i 320 miliardi di euro, con un aumento medio del 38% rispetto al 2014, ed è stimato pari a circa 500 miliardi nel 2030”.

COLLABORAZIONE PUBBLICO-PRIVATA

Per non perdere il treno, l’obiettivo è proseguire sul modello di partenariati pubblico-privati già sperimentati con il “Piano strategico Space economy”, partito ufficialmente lo scorso anno con l’assegnazione del contratto relativo a ItalGovSatCom, il nuovo satellite per telecomunicazioni. Nel complesso, il Piano in questione prevede un investimento di circa 4,7 miliardi di euro, di cui il 50% circa coperto con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle destinate alle politiche spaziali. D’altra parte, da Elon Musk a Jeff Bezos, è proprio la collaborazione tra settore pubblico e comparto privato che sta muovendo la nuova economia dello Spazio. Attenzione “particolare” con il Recovery Plan il Mise la propone per l’osservazione della Terra, un segmento su cui l’Italia può vantare eccellenze tecnologiche, di ricerca e industriali.

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