Se la Germania, patria del rigore di bilancio, manda il Patto di stabilità in naftalina per 4 anni, vuol dire che l’Europa è forse cambiata per sempre. Ed è molto meglio così, quasi una benedizione. Perché, dice a Formiche.net l’economista e saggista francese, membro del board dell’Istituto Mitterrand, Jean-Paul Fitoussi, fondamentalmente è tempo che il Fiscal compact muoia, per sempre.
Due giorni fa il potente numero due della Commissione Ue, il lituano Valdis Dombrovskis, aveva annunciato la sospensione del Patto per un anno su scala europea. E ieri Berlino ha detto auf wiedersehn fino al 2024 alle vecchie regole sui conti pubblici. I tempi sono grami anche in Germania (Pil 2020 a -5,2%), l’industria barcolla e il governo di Angela Merkel ne ha tratto le conseguenze, comunicando che di saldo zero tra entrate e spese pubbliche se ne può fare a meno, per 4 anni.
Fitoussi, dalla Germania una scelta che è forse il segno dei tempi. Il Patto di stabilità che all’Italia ha creato non pochi grattacapi è in via di dismissione?
Tra quattro anni le regole che ci saranno sui conti, quelle che c’erano fino a ieri almeno, non potranno essere rispettate. E vista l’ampiezza del piano di rilancio europeo, il Recovery Fund, sarebbe un errore fatale pensare che nel 2024 tornino le vecchie regole. Per questo spero con tutto il cuore nella morte, oggi, del Patto di Stabilità.
Crede davvero che le vecchie regole di bilancio non torneranno mai più?
Voglio sperare di sì, il Patto non può e non deve essere resuscitato in alcun modo. Come possiamo rispettare vincoli di bilancio non aggiornati a una delle peggiori crisi della storia umana? I debiti stanno crescendo sulla spinta anche degli aiuti europei? Impossibile rispettare quei vincoli. Abbiamo visto troppe volte come il Patto di stabilità abbia impedito a tanti Paesi, Italia inclusa, di aiutare la gente in difficoltà, che aveva bisogno di soldi. Il Patto ha impedito ogni spesa di protezione sociale.
Tra poche settimane l’Europa comincerà ad erogare i primi fondi del Recovery Fund. E allora per molti Paesi, compreso il nostro, ci sarà la prova del fuoco: saper spendere bene i soldi. Ci riusciremo?
I settori di investimento indicati dall’Europa sono abbastanza larghi, dove un po’ tutti pensano che si debba fare uno sforzo. Trovo pacifico pensare che si debba investire nel digitale o nella transizione energetica e non mi stupisce che lo possano pensare anche in Europa. Detto questo, ci sono due elementi che vanno presi in considerazione. Primo, abbiamo perso l’arte di fare piani di rilancio e quando dico abbiamo, penso all’Europa intera. L’ultimo vero piano per la crescita risale al 1981 e fu fatto in Francia, sotto Mitterrand. Ora non sappiamo più farle certe cose.
Scusi, ma questo è un problema e anche piuttosto grosso, mi pare. Stanno per arrivare 750 miliardi…
Sì che lo è. Però vede, c’è un paradosso: non sarebbe poi così difficile redigere certi piani. Il punto di partenza è fare della buona spesa e tararla sugli obiettivi del piano, a cominciare dal sistema sanitario e dalle nuove infrastrutture. Qualcosa di complesso ma non certo di impossibile.
Fitoussi, molti Paesi stanno prendendo seriamente in considerazione un secondo lockdown. Molte persone perderanno il lavoro, le faccio una domanda un po’ profetica. Che Europa sarà quella del post-Covid?
Potrebbe essere una catastrofe, potremmo avere un’Europa un po’miserabile. Ma dipende tutto da quello che farà l’Europa, voglio dire da quanto farà. Gli Stati Uniti per esempio hanno fatto più di noi, hanno messo più soldi. L’Ue ha stanziato 750 miliardi che non sono certo pochi. Ma la domanda è forse un’altra: basteranno a impedire che un continente sviluppato quale il nostro vada in malora?
Proviamo a rispondere…
Dipende dalla qualità degli investimenti. Non sempre più soldi vogliono dire più Pil e più ripresa. Quello che conta è la qualità e la redditività di un investimento. Perché a parità di risorse, se io metto in cantiere investimenti più redditizi rispetto ad altri, avrò una ripresa più tonica e più elevata. In Ue abbiamo settori in cui c’è una redditività alta, uno su tutti l’educazione e la sanità e le infrastrutture.
Dunque Fitoussi? Per rispondere alla domanda…
750 miliardi basteranno se avremo, mi passi il termine, gli attributi di investire dove è davvero necessario, dove c’è redditività e ritorno. Non fermandoci a metà strada e andando fino in fondo. Perché se investo dove non serve di Recovery Fund ne serviranno cinque.