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Meno debito (dal 2021) e buono. Il pro memoria di Gualtieri sul Recovery Fund

Vade retro spesa corrente. Il Recovery Fund non sarà mai un’abbuffata di spesa inutile e poco redditizia, potrà essere solo ed esclusivamente una cosa: spesa in conto capitale, ovvero quella parte di spesa pubblica destinata agli investimenti. A un mese esatto dall’invio a Bruxelles del corposo piano di riforme su cui dirottare la quota di risorse (209 miliardi) messe a disposizione dell’Italia dall’Ue, (qui l’intervista a Formiche.net del presidente di Assonime, Innocenzo Cipolletta), il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, comincia a puntellare il pacchetto di fondi, affinché non vadano dispersi nei mille rivoli della spesa pubblica. Il governo, con le ormai note linee guida, ha già individuato delle aree precise. Ma non basta, servono certezze.

E una di queste ha provato a darla proprio Gualtieri, ascoltato in commissione Bilancio alla Camera nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte ha eletto il Recovery Fund a madre di tutte le sfide (se il governo fallisce sul buon uso dei fondi Ue è lecito che lo stesso vada a casa, ha detto in occasione di una visita a una scuola a Norcia), Gualtieri ha rispolverato il mantra estivo di Mario Draghi. Quel “debito buono” che può essere il giusto prezzo della crescita. Guai a fare spesa corrente o a tagliuzzare qua e là questa o quella tassa insomma, se spesa sarà solo solo ed esclusivamente in funzione del Pil.

VIETATO FALLIRE

La rotta verso il 15 ottobre e oltre è tracciata. “Il supporto europeo serve per finanziare pacchetti di investimenti e riforme. Non può consistere in un’ondata di spesa corrente o di tagli d’imposta che non siano sostenibili nel tempo”, ha spiegato Gualtieri, dettando una sorta di linea. Lo stesso supporto “deve invece determinare quel pacchetto di maggiori investimenti pubblici: rilancio dell’istruzione, innovazione, ricerca, infrastrutture, sostengo investimenti privati, riforme, che da tempo sono necessari per modernizzare e rendere più competitivo ed equo il nostro Paese”.

Non è un caso che il ministro abbia più volte apostrofato il piano da 750 miliardi come “un’occasione irripetibile: il Recovery Fund “è un risultato di grande rilevanza che ci impone di essere all’altezza nella gestione dell’epidemia e nell’utilizzare al meglio le risorse del programma” le quali devono “determinare il rilancio degli investimenti pubblici e privati” e “le riforme che da tempo sono necessarie per modernizzare il Paese”.

L’ORA DELLA RESPONSABILITÀ

Se c’è un fattore che potrà in qualche modo ridurre il rischio di una dispersione degli oltre 200 miliardi che si apprestano a cadere sull’Italia è la responsabilità. Gualtieri ha quindi rimarcato come le risorse andranno impiegate in maniera attenta e senza sprechi.  “Questa è una sfida di responsabilità. Dobbiamo essere all’altezza nella gestione dell’epidemia e nell’utilizzare al meglio le risorse del programma”.

APPUNTAMENTO CON IL DEBITO

Il percorso procede comunque spedito, o quasi. Tanto per cominciare nella medesima giornata sono state inviate in Parlamento le linee guida, per il passaggio parlamentare. Il quale dovrà necessariamente avvenire entro e non oltre il 15 di ottobre. Giorno in cui, ha ribadito lo stesso Gualtieri, “il Piano italiano di investimenti per l’uitlizzo del Recovery Fund sarà presentato alla Commissione europea. Non è tutto.

C’è un altro appuntamento decisivo da qui a un mese, quello con la Nota di aggiornamento al Def, il documento che ogni anno traccia il perimetro della manovra d’autunno, attraverso i saldi di finanza pubblica. Qui Gualtieri ha dato una buona notizia, il rapporto debito (oggi su nuovi record, 2.560 miliardi) /Pil scenderà, al punto che la stessa previsione di fine anno per un rapporto del 155% potrebbe essere rivista. “Sarebbe inopportuno anticipare gli orientamenti specifici della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, ma congermo l’intenzione di una significativa discesa del rapporto debito-Pil nel 2021. L’intenzione è quella di un graduale rientro, in termini sostenibili, ai livelli pre pandemici e nel lungo periodo un’ulteriore riduzione del rapporto”.

ASPETTANDO I SINDACATI

Anche i sindacati saranno chiamati a dire la loro sul Recovery Fund, al punto a essere convocati dai singoli ministeri, nei prossimi giorni. L’annuncio è arrivato dalla leader della Cisl, Annamaria Furlan, per la quale “stanno arrivando le convocazioni da parte dei singoli ministri per discutere sull’allocazione delle risorse del Recovery fund. Ma manca all’appello la convocazione essenziale e per noi indispensabile: quella del presidente del Consiglio Conte, che doveva precedere i vari incontri con gli altri esponenti del Governo, per definire insieme le priorità su cui concentrare gli sforzi comuni ed i settori dove investire bene le ingenti risorse del Recovery Fund, come tra l`altro ci chiede l’Europa”.

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